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Affermando la Verità firma la sua condanna a morte

Affermando la Verità firma la sua condanna a morte

Hai mai pensato che dire la verità possa costarti caro? Bene, Gesù lo sapeva fin troppo bene. Afferma la verità, e firma la sua condanna a morte. La vita di un profeta, come Isaia, non è una passeggiata, ma quella del Figlio di Dio? Ancora più complicata. O forse no. Scoprilo nel mio in(solito) commento a: “Mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio… Nessun profeta è bene accetto nella sua patria” (Luca 4,16-30).

Gesù parlava in parabole per farsi capire, anche dai più semplici. Ma scribi e farisei, che di certo non erano sprovveduti, fingevano di non afferrare il messaggio. E quando parlava chiaro, beh, rischiava la pelle. Letteralmente. Immagina, una volta l’hanno persino trascinato fino al ciglio di un monte per buttarlo giù! Questa volta si è salvato, ma la condanna a morte era solo questione di tempo.

Gesù arriva a Nazaret, la sua città, quella in cui è cresciuto. È sabato e come di consueto entra nella sinagoga. Gli danno il rotolo del profeta Isaia e lo apre su questo passo: “Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l’anno di grazia del Signore.”
(cfr. vv. 18-21).

Questa volta non ci sono parabole. Gesù è diretto, tagliente. Dice la verità. E non appena queste parole escono dalle sue labbra, tra scribi e farisei si scatena l’invidia, camuffata da indignazione. Quegli stessi che un attimo prima lo stavano ascoltando, ora lo rincorrono furiosi. La scena è chiara: “Tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono, lo cacciarono fuori dalla città e lo portarono fino al ciglio del monte per gettarlo giù.” Tentano di ucciderlo. Ma non è ancora la sua ora, e Gesù sfugge passando in mezzo a loro, lasciando dietro di sé una scia di domande, dubbi e cuori in tumulto.

Ma perché tanto odio? Scribi e farisei, i grandi sapienti, si sentono minacciati. Questo figlio del falegname, cresciuto sotto i loro occhi, ora viene a ribaltare tutto. Eppure, qualcuno aveva visto con i propri occhi i suoi miracoli. Ma la verità è scomoda, e spesso, per quanto grande possa essere una menzogna, finiamo per credere più a quella che alla Verità stessa. Quante volte siamo così pieni delle nostre “verità” da non riuscire a vedere la “Verità” vera, quella con la “V” maiuscola?

Succede anche a te? Forse no, ma di certo hai visto qualcuno comportarsi così. Rifiutiamo Dio perché ci conviene. Restiamo ancorati alle nostre idee per non rischiare, per non dover cambiare. E, per farlo tacere, facciamo di tutto per eliminarlo, anche inseguirlo fino al bordo di un precipizio. Perché sì, Dio è scomodo. È scomodo sentirsi dire la verità che non vogliamo ascoltare. Quella che ci mette davanti agli errori, che ci fa capire quanto siamo attaccati a valori vuoti e finti, solo per celebrare noi stessi, dimenticando Dio.

Ma la voce di Dio non si spegne, non si può mettere a tacere come un vecchio libro abbandonato in soffitta. La voce di Dio, che sia quella di un profeta o quella di suo Figlio, continua a farsi sentire. E ci scuote, ci mette in crisi, perché parla di una Verità che non possiamo ignorare.

Dio, nella sua grandezza, si è fatto piccolo. È entrato nel mondo con semplicità, con amore, ma anche con dolore. E lì, sulla Croce, ha vinto. Sì, ha vinto proprio dove tutti avrebbero perso. Perché quella che sembrava una sconfitta – la sua condanna a morte – è stata, in realtà, la vittoria più grande: un atto d’amore che ha stravolto ogni logica umana. Perfino il peccato di chi lo ha insultato, fustigato, condannato e messo in croce è stato perdonato.

Un amore così cambia tutto. E forse, anche le nostre carte in tavola. #Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “Ecce Homo” di Andrea Solario, 1505, tempera e olio su tavola, 33 x 43 cm, Museo Poldi Pezzoli, Milano

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