Noi dobbiamo imparare a far scorrere la Parola nelle nostre vene, a farla diventare il lievito delle nostre giornate, quel sale che porta il sapore nelle nostre vite, quella scintilla che illumina il nostro mondo.
Il mio in(solito) commento a:
Il Verbo si fece carne (Giovanni 1,1-18)
Ma come facciamo a non amare un Dio così? Guardate, amici cari, con quanta intensità Egli ci ama. Guardate con quale costanza Egli sta lì ad aspettare che noi torniamo a Lui quando abbiamo commesso un errore. Guardate con quanta premura Egli viene a cercarci quando ci smarriamo nel deserto dei nostri dubbi e dei nostri peccati. No, Dio non è un entità lontana. Egli ha rinunciato alle comodità dei cieli per scendere in mezzo a noi a vivere, per camminare con noi. Come può questo Dio che si è fatto carne, restare indifferente davanti al dolore, non prendersi cura di chi sbaglia, restare lontano da chi può essere salvato con un gesto d’amore?
Neppure il pensiero delle altre novantanove pecore ferma il Dio-pastore dall’andare nel deserto a cercare l’unica che si è smarrita. Perché tutte le pecore, anche la più debole, anche la più testarda, anche la più lontana con la mente e con il cuore, sono ugualmente importanti agli occhi di Dio. E no, nessuno merita di essere lasciato indietro. Nessuno. Nel suo cammino l’uomo non è mai solo. Non ci sarà un solo giorno della nostra vita in cui cesseremo di essere una preoccupazione per il cuore di Dio. Lui si preoccupa per noi, e cammina insieme a noi, perché ci ama!
Ma così come Dio non ci lascia soli, noi non dobbiamo lasciare solo Lui. No, cari amici, non dobbiamo permettere che Dio vaghi solo per strade polverose a diffondere il Vangelo. Noi abbiamo una missione, ed è la stessa che Gesù ha affidato ai suoi apostoli: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura” (cfr. Marco 16,15-20) sono le ultime parole del Risorto prima di salire al cielo. E’ la missione definitiva. E’ la nostra chiamata. Una richiesta che non possiamo ignorare. Noi, amici, tutti noi, abbiamo una responsabilità: dobbiamo testimoniare con la nostra stessa vita, con il nostro comportamento, con le nostre opere, la Parola di Gesù al mondo. Noi dobbiamo fare sì che il Vangelo entri nelle nostre esistenze, così da poterlo trasmettere agli altri con le nostre azioni. Sì, perché non basta nutrirsi della Parola, bisogna anche donarla.
Dobbiamo imparare a “sporcarci le mani con il Vangelo”. Non possiamo rimanere seduti sul divano dopo aver incontrato Gesù! Ma dobbiamo calarci nella vita quotidiana ed agire. No, non vi preoccupate, non è “difficile”, è solo un po’ faticoso. Ma molto, molto piacevole. Il “miracolo” che Gesù desidera da noi oggi è il far entrare il Vangelo nella nostra vita di tutti i giorni. Abbandonare l’atteggiamento di ascoltatori passivi della Parola ed imparare a farla scorrere nelle nostre vene, a farla diventare il lievito delle nostre giornate, quel sale che porta il sapore nelle nostre vite, quella scintilla che illumina il nostro mondo.
Gesù ci attende, nel nostro lavoro di ogni giorno, nello studio, nella vita normale. E ci chiede di vivere fino in fondo, facendo nostri i valori del Vangelo. Ci chiede di diventare noi stessi pagine viventi di Vangelo, comportandoci in ogni situazione come meglio la nostra coscienza ci suggerisce e mai come sarebbe più comodo. Eccolo il miracolo che ci chiede Gesù!
Tu, proprio tu, che stai leggendo adesso queste righe… tu sei terreno fertile. La Parola in te ha attecchito, sta germogliando, crescerà, si fortificherà, e ti renderà forte. Tu hai un dono. Un dono che hai ricevuto dal Signore. E questo dono acquisterà tanto valore, quanto più tu riuscirai a farlo fruttare.
Alessandro Ginotta
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