Per un pizzico di lievito… Ci hanno rubato Gesù?
Il mio in(solito) commento a:
Guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode (Marco 8,14-21)
La nostra vita è frenetica. Un vortice di impegni e mille preoccupazioni che ci avvinghiano come lacci ci distraggono dal messaggio divino. Mille ansie di questo mondo ci spingono a mettere in secondo piano la nostra vita spirituale. E così gli affanni ci hanno rubato Gesù. Non pensiamo più a Lui. E questo quale lievito è? Quello del mondo!
Ma come accade per il pane, un solo pizzico di lievito avariato può guastare tutta la pasta, perché: “una mela marcia rovina l’intero cestino”, come recita un vecchio proverbio. Accade frequentemente che un’unica persona eserciti un influsso tale da alterare le dinamiche di un’intera comunità e generare un impatto tanto negativo.
Dobbiamo fare attenzione a quale lievito mettiamo tra gli ingredienti per cuocere il pane della nostra vita. Troppe preoccupazioni materiali? Fermenteranno solo difficoltà e pensieri. Troppa ipocrisia? Ambiguità, doppiezza, falsità, farisaismo si diffonderanno ovunque.
Ma attenzione perché potremmo addirittura scoprire che il lievito dei farisei, proprio quello dal quale ci dobbiamo guardare, è, in qualche misura, anche dentro di noi: ogni volta che pensiamo al nostro tornaconto infilandoci dentro anche la religione, ogni volta che camuffiamo da buona intenzione un nostro capriccio… ci lasciamo contaminare da questo cattivo ingrediente.
Gesù ci vuole semplici, diretti, con lo sguardo rivolto al cielo, aperti ad accogliere l’intervento di Dio nelle nostre vite di ogni giorno. Scrive San Paolo: “Non sapete che un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta? Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità. Vi ho scritto nella lettera di non mescolarvi con chi vive nell’immoralità. Non mi riferivo però agli immorali di questo mondo o agli avari, ai ladri o agli idolatri: altrimenti dovreste uscire dal mondo! Vi ho scritto di non mescolarvi con chi si dice fratello ed è immorale o avaro o idolatra o maldicente o ubriacone o ladro: con questi tali non dovete neanche mangiare insieme. Spetta forse a me giudicare quelli di fuori? Non sono quelli di dentro che voi giudicate? Quelli di fuori li giudicherà Dio. Togliete il malvagio di mezzo a voi!?” (1Corinzi 5,6-13). Non solo dobbiamo guardarci dagli altri, ma anche dal peccato che si nasconde in noi stessi. Perché un solo sentimento cattivo, se anche tutto il resto del nostro cuore è buono, può riuscire a far marcire l’intera nostra anima.
I discepoli che incontriamo in questo brano dell’evangelista Marco faticano a stare dietro a questo Gesù. Non riescono a sollevare lo sguardo, ad alzare la testa, a rivolgere gli occhi al cielo. Tentennano, restano ancorati alle loro prospettive soltanto umane. Il loro cuore è chiuso dalle preoccupazioni terrene e non riescono a rendersi conto della fortuna che hanno: poter condividere il loro tempo con il Messia. Poter ascoltare, dalla viva voce di Gesù, la Parola e le sue spiegazioni. Poter assistere a prodigi e miracoli eclatanti, ma che ai loro occhi, distratti e stanchi, appaiono sbiaditi.
Dobbiamo liberarci di questo lievito per sciogliere le catene del mondo che imprigionano la nostra anima. Dobbiamo imparare a gioire per un fiore che sboccia, accogliere nel nostro cuore l’amore di Dio che sta nel sole che fa capolino dietro le nubi dopo un temporale, sorridere ad una rondine che solca il cielo di primavera, rallegrarci scorgendo il disegno di Dio negli aspetti più belli della natura. Dobbiamo essere felici quando chi ci sta accanto è felice, perché il Vangelo è notizia lieta che deve contagiare il mondo intero.
Voglio concludere, ancora una volta, con le parole di San Paolo: “Rallegratevi sempre nel Signore. Ripeto: rallegratevi. La vostra mansuetudine sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino. Non angustiatevi di nulla, ma in ogni cosa fate conoscere le vostre richieste a Dio in preghiere e suppliche, accompagnate da ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù” (Filippesi 4,4-7).
Non chiudiamoci nel buio dei nostri pensieri, ma lasciamo che l’amore e la luce di Dio rischiarino e riscaldino la nostra anima! #Santanotte
Alessandro Ginotta
Sostieni labuonaparola.it
Se ti piace questo blog sostienilo. La tua donazione mi aiuterà a continuare a creare contenuti di qualità.
Ogni contributo, grande o piccolo, fa la differenza. Grazie per il tuo sostegno!
Vuoi ricevere i commenti di La buona Parola nella tua e-mail?
Iscriviti alla newsletter: è gratis e potrai cancellarti in ogni momento!