Entrando nella Porziuncola si ha la sensazione di trovarsi in un tempo fuori dal tempo. Ed è proprio un viaggio nello spazio e nei secoli quello che ti propongo ora: con gli occhi del cuore ci spingeremo ad Assisi, in una imprecisata notte di luglio 1216, a vivere, insieme a San Francesco, un’esperienza davvero speciale, che cambiò tutta la sua vita (ed un po’ anche la nostra). Vieni con me?
Il cielo è profondamente buio. Il caldo opprimente del giorno ha lasciato spazio ad un refolo di vento che scuote il saio di Francesco mentre, a passo veloce, si dirige verso la Porziuncola, o “Portiuncola”, come un tempo veniva chiamata la chiesetta che sorgeva su un piccolo terreno (una porziuncola). Era quella la terza chiesa che il Poverello ristrutturava dopo aver ricevuto il “mandato” dalla vera voce di Cristo, che gli parlava attraverso il crocifisso di San Damiano: “Mentre egli era così profondamente commosso, all’improvviso – cosa da sempre inaudita! – l’immagine di Cristo crocifisso, dal dipinto gli parla, movendo le labbra. «Francesco – gli dice chiamandolo per nome – va’, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina». Francesco è tremante e pieno di stupore, e quasi perde i sensi a queste parole. Ma subito si dispone ad obbedire e si concentra tutto su questo invito” (FF 593). Una richiesta che, inizialmente, Francesco prenderà alla lettera, immaginando di dover ricostruire gli edifici con calce e mattoni… prima di comprendere che la richiesta di Gesù era un’altra: Egli voleva che venisse ricostruita la sua Chiesa con la “C” maiuscola, l’insieme di pastori e fedeli che camminano alla ricerca di Dio.
Ma torniamo alla Portiuncola, la chiesa che ricevette in dono dai monaci benedettini e che fu teatro di molti eventi. Nel 1209 vi fondò l’Ordine dei Frati Minori. Fu alla Portiuncola che, nel 1211, Santa Chiara ricevette da Francesco l’abito religioso, dando origine all’Ordine delle Clarisse. E, sempre qui, Francesco chiese di venire trasportato, la notte in cui morì, tra il 3 e il 4 ottobre 1226. Ragione di questo desiderio, fu quello che accadde in questa notte imprecisata del luglio 1216, che stiamo rivivendo ora:
Francesco desidera pregare. Gli piace ritirarsi in questa chiesetta, tra queste mura così intime e slanciate. Lui ha una profonda devozione per la Vergine ed è a Lei, alla Vergine Madre di Cristo, cui la chiesina è dedicata. In questa notte senza luna, le uniche fioche fonti di luce sono il baluginare delle stelle e, qua e là, qualche lucciola che svolazza serena. Francesco porta il polso sulla fronte per tergere con il saio una goccia di sudore che gli annebbia la vista. Ma no, non è il sudore. Dentro alla chiesa c’è qualcosa di strano. Il cuore gli balza nel petto e gli occhi si sgranano quando, dalle pareti, scaturisce una luce la cui fonte non si sa spiegare. Non è una candela, non è una torcia, è come se le mura stessero prendendo fuoco, un fuoco che non brucia, ma rischiara. Francesco, con gli occhi sbarrati, osserva il fenomeno mentre si inginocchia a pregare.
Dinnanzi al Poverello le pareti della chiesetta si dissolvono ed appaiono, immersi in un bagliore sfolgorante, la Beatissima Vergine Maria accanto a Gesù, attorniati da una schiera di angeli. Leggiamo nel Diploma di Fra Teobaldo (che in seguito divenne Vescovo di Assisi): “Il Redentore chiese al suo Servo quale grazia desiderasse per il bene degli uomini. S. Francesco umilmente rispose: «Poiché è un misero peccatore che Ti parla, o Dio misericordioso, egli Ti domanda pietà per i suoi fratelli peccatori; e tutti coloro i quali, pentiti, varcheranno le soglie di questo luogo, abbiano da te o Signore, che vedi i loro tormenti, il perdono delle colpe commesse». «Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è grande – gli disse il Signore -, ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza».
Poi le luci si attenuano fino a spegnersi. Rimane lì Francesco, inginocchiato davanti all’altare di quella piccola chiesetta, a chiedersi quale grande mistero abbia appena vissuto. L’indomani si recherà a Perugia, dove era in visita Papa Onorio III.
Il Pontefice lo ascolta, poi domanda a Francesco per quanti anni desiderasse quest’indulgenza. Francesco risponde che egli sta chiedendo “non anni, ma anime” e che vuole “che chiunque verrà a questa chiesa confessato e contrito, sia assolto da tutti i suoi peccati, da colpa e da pena, in cielo e in terra, dal dì del battesimo infino al dì e all’ora ch’entrerà nella detta chiesa”. La richiesta è insolita, ma viene accettata.
È lo stesso San Francesco, tornando alla Portiuncola, a dare la notizia ai frati ed ai tanti fedeli accorsi: «Oggi voglio portarvi tutti in Paradiso»!
Ed, in Paradiso, ci potrai venire anche tu, approfittando dell’indulgenza a queste condizioni:
Dal mezzogiorno del 1º agosto alla mezzanotte del 2 agosto, si potrà lucrare l’indulgenza visitando una chiesa francescana, od una chiesa parrocchiale.
Occorrerà:
- confessarsi;
- fare la comunione eucaristica;
- pregare secondo le intenzioni del Papa, per rafforzare il legame con la Chiesa, recitando almeno Padre nostro, Ave Maria e Gloria al Padre;
- recitare il Credo e il Padre nostro;
- Confessione e comunione possono essere fatte anche alcuni giorni prima o dopo le date previste (nell’arco di 8 giorni).
- La visita e la preghiera è opportuno che siano fatte lo stesso giorno.
L’indulgenza plenaria può essere richiesta, una volta al giorno, per sé o per i defunti.
Ah, dimenticavo: la Portiuncola è un luogo speciale, perché lì, l’indulgenza del Perdono, vale ogni giorno dell’anno!
Alessandro Ginotta
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