Quante volte ti è capitato di guardare un albero senza saperlo riconoscere? Se non si tratta di un albero comune, probabilmente spesso. Tuttavia, c’è un momento dell’anno in cui distinguere una pianta diventa molto più semplice: quando dai rami pendono i frutti maturi.
Questo è il mio in(solito) commento a:
“Dai loro frutti li riconoscerete” (Matteo 7,15-20).
In autunno, limoni, arance, meli, peri, pruni, noci e castagni diventano inconfondibili grazie ai loro frutti. La stessa cosa vale per le persone: a prima vista, può essere difficile capire se qualcuno sia affidabile, sincero, collaborativo o se stia solo cercando di approfittarsi della situazione. Talvolta bisogna aspettare e osservare le azioni di una persona per comprenderne la vera natura.
I frutti, quelli che “cogli” nel lungo periodo, non mentono mai. Qualcuno può ingannarti per un’ora, un giorno o anche un mese, ma difficilmente potrà farlo a lungo. Prima o poi, qualche segnale della vera natura emergerà, sempre attraverso le azioni. Così il generoso produrrà frutti di bene, mentre quelli del misantropo saranno inevitabilmente negativi. Quel che lasci dietro di te parla di te, racconta chi sei veramente più e meglio di quanto possano fare le parole, per quanto ci si sforzi.
Donne e uomini sono come gli alberi: se le nostre radici affondano nel nutrimento dell’amore di Dio, la linfa scorrerà attraverso il tronco, fino alle gemme e alle foglie. E il frutto che produrremo sarà buono. Ma se le nostre radici crescono su un terreno arido e sassoso, lontano da Dio, o peggio ancora, se tra le nostre radici cresce la gramigna seminata dal maligno, non potremo che produrre frutti acerbi o velenosi.
Attenzione però: non dobbiamo trasformarci in giudici severi, pronti a classificare e giudicare le persone osservando solo i loro frutti. Ricordiamo che Dio può trasformare il peggiore dei mali nel più santo dei beni. Pensiamo a San Paolo, che da accanito persecutore dei cristiani divenne l’apostolo che più frutti di bene ha lasciato con le sue numerose lettere sulle quali ancora oggi riflettiamo e preghiamo. Pensiamo a Zaccheo, al buon ladrone, alla samaritana e a tutti coloro che si sono convertiti, sradicando le loro radici dal terreno del maligno per riavvicinarsi al nutrimento di Dio.
Mi piace ricordare l’esperienza di Sant’Agostino, che nella sua gioventù qualcuno avrebbe potuto definire un po’ “scapestrato”. Parliamo di Sant’Agostino ai giovani: potrà aiutarli a trovare (o ritrovare) quella bellezza che a volte manca nei loro cuori. Leggiamo direttamente dalla penna del santo:
“Dove dunque ti trovai, per conoscerti? Certo non eri già nella mia memoria prima che ti conoscessi. Dove dunque ti trovai, per conoscerti, se non in te, sopra di me? […] Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me, e non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace” (Sant’Agostino, Le Confessioni, X, 26-27).
A differenza degli alberi, noi possiamo trasformarci nel corso della nostra vita. E, dimenticando i frutti del male commesso, con l’aiuto di Dio, potremo arrivare a produrre i migliori e più succosi frutti di bene. In fondo, come ci ricorda san Giovanni della Croce: “Alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore”.
Tu ami? Allora preparati a gustare frutti prelibati! #Santanotte
Alessandro Ginotta
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