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Chi è Dio per te?

Chi è Dio per te?

Noi, creature amate da Dio, non siamo capaci di riconoscerlo. Lo scambiamo per un guaritore. Lo talloniamo soltanto finché non ci elargisce il miracolo che desideriamo, dopodiché ci dimentichiamo di Dio.

Il mio in(solito) commento a:
Gli spiriti impuri gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse (Mc 3,7-12)

Ma noi, conosciamo Gesù? Abbiamo letto tanto di lui nei Vangeli, ne abbiamo sentito parlare in chiesa, abbiamo anche visto qualche film, più o meno edificante, ma… nella realtà, quanto conosciamo Gesù?

L’evangelista Marco ci presenta Gesù assediato da una calca di persone: “Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo” (vv. 9-10). Lo cercano, lo inseguono, si gettano ai suoi piedi per tentare di toccare anche soltanto un lembo del suo mantello, nella speranza di venire guariti. Ma che cosa cercano da Lui? Vogliono vedere il Figlio di Dio? No. Cercano soltanto un dispensatore di miracoli. Una sorta di jukebox capace di offrire la soluzione definitiva dei propri problemi a chi inserisca semplicemente una monetina.

Ma Dio non è questo. No. Non è un santone che ci guarisce il corpo mentre passa. Dio è Dio. É il nostro Creatore. É il Padre che, per amore, è sceso dal cielo per diventare il Dio-con-noi. Ci guarisce, sì, ma prima di arrivare al corpo passa dall’anima. Ecco perché al paralitico dice: “Va’, ti sono perdonati i tuoi peccati” (cfr. Matteo 9,5). Per guarire dobbiamo accettare la cura di Gesù. Bisogna lasciarci toccare l’anima da Lui. Anzi, bisogna essere così audaci, come l’emorroissa, da inseguire Gesù e toccare la sua anima!

Perché Egli è sempre qui, nonostante il nostro rifiuto. Nonostante il nostro prendere le distanze da Lui. Mentre noi, non sempre siamo disposti ad incontrarlo. Non sempre abbiamo la volontà di ascoltarlo. Qualche volta, ostinandoci nel nostro peccato, gli impediamo di guarirci anche se Lui lo vorrebbe. Perché? Perché Dio ci ama così tanto da concederci il libero arbitrio, ossia: la facoltà di sbagliare. Ed ogni volta che commettiamo il peccato ci allontaniamo da Lui. È come se gli voltassimo le spalle. È come se gli dicessimo: no, non mi interessa la tua guarigione, mi tengo la mia malattia.

Il Vangelo di oggi ci dice anche un’altra cosa: “Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse” (vv. 11-12). Noi, creature amate da Dio, non siamo capaci di riconoscerlo. Lo scambiamo per un guaritore. Lo talloniamo soltanto finché non ci elargisce il miracolo che desideriamo, dopodiché ci dimentichiamo di Dio. Al contrario, il primo a riconoscere la natura divina di Gesù è il diavolo!

Non dimentichiamo che il demonio è, per quanto ripugnante, un essere spirituale. Era un angelo, abituato a condividere il cielo proprio insieme a Colui che lo ha creato. Perché Dio non ha forgiato di proposito il demonio “malvagio”, ma, così come ha fatto anche con noi, lo ha creato “libero”. E, nella sua libertà, il diavolo ha scelto di sbagliare. Gonfio d’orgoglio ha preferito ribellarsi al suo Creatore. Sceso sulla terra, per vendicarsi, ha iniziato a tormentare proprio quelle creature che Dio tanto amava: gli uomini.

Noi non vogliamo davvero farci “fregare” dal demonio, vero? Perché invece non iniziamo a guardare a Gesù per quel che è: il “Dio-con-noi” talmente innamorato dell’uomo da farsi Uomo, per venire a vivere insieme a noi! Un Dio “appassionato” dell’uomo, così teneramente amante, da essere incapace di separarsi da lui. Noi umani siamo abili nel recidere legami e ponti. Lui invece no. Se il nostro cuore si raffredda, il suo rimane sempre incandescente #Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “La tentazione di Cristo”, di Ary Scheffer, 1854, olio su tela, 75.5 × 55.0 cm, National Gallery of Victoria, Melbourne

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