È soltanto svuotando le nostre esistenze dall’orgoglio che le gonfia che le potremo riempire dell’infinito amore che viene da Dio
Il mio in(solito) commento a:
Tu sei il Cristo… Il Figlio dell’uomo deve molto soffrire (Marco 8,27-33)
È la prima volta che Gesù preannuncia ai suoi discepoli la sua morte e risurrezione. In questi tre versetti troviamo l’annuncio, la reazione di Pietro, ed il rimprovero di Cristo: “E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini»” (vv. 31-33).
Sono parole dure quelle che Gesù rivolge a Pietro. Su questo rimbrotto sono stati scritti fiumi di parole. Perché Gesù chiama Pietro Satana? Tranquilli, amici cari, non c’è nulla di strano. E soprattutto San Pietro non era posseduto. No. Come faceva spesso, Gesù in questo episodio parla per allegorie, per parabole. Il suo è un rimprovero figurato. Dovremmo leggere la frase così: “Vieni dietro a me, Pietro! Non fare come Satana, che è legato alle cose materiali. Pensa come Dio!”.
Sì, perché è il “male” che ci spinge a ripiegarci su noi stessi, a guardare soltanto al nostro orticello, ai beni materiali, al nostro tornaconto. È sempre il “male” che ci porta ad allontanarci da Dio, a credere di essere migliori di Lui, a sentirci autorizzati a criticare tutto e tutti, talvolta perfino Dio. Gesù, con questo rimprovero rivolto a San Pietro, vuole parlare a tutti noi. Ci dice: “venite dietro a me, seguitemi!”.
Sì, amici cari. “Seguitemi” lo dice a ciascuno di noi: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà» (cfr. vv. 34-35).
È un’esigenza incontenibile: la Parola deve trasmettersi con la parola. Gesù, Parola incarnata, non può non desiderare che il Vangelo venga portato a tutti: dunque noi dobbiamo raccogliere questo invito pressante e farlo nostro. Ma in che modo? Nel modo più naturale: facendo entrare la Parola dentro le nostre vite. Non lasciamo il Vangelo tra i libri! Noi dobbiamo cibarci di Vangelo, bere il Vangelo, respirare il Vangelo. E così, la Parola dovrà diventare una parte di noi. Ogni nostro gesto quotidiano, dal lavoro, all’educazione, al modo di rapportarci con gli altri, ogni decisione che prenderemo, dovrà riflettere i valori del Vangelo. L’amore, il perdono, l’apertura verso il prossimo… dovremo diventare noi stessi pagine viventi di Vangelo.
Ma Cristo mette l’accento su un altro fatto che non dobbiamo lasciarci sfuggire: se sapremo diventare autentici testimoni della sua Parola, avremo salva la vita. Perché è soltanto svuotando le nostre esistenze dall’orgoglio che le gonfia che le potremo riempire dell’infinito amore che viene da Dio. Dunque chi è Gesù? E’ colui che ci disseta nel deserto delle nostre vite, riempiendo il vuoto lasciato dal male, con la completezza, la pienezza, la concretezza, la bellezza dell’amore più sincero.
#Santanotte amici, guardate le cose di lassù, perché là, dov’è il vostro tesoro, là ci sarà anche il vostro cuore. Dio riempia sempre d’amore il vostro cuore!
Alessandro Ginotta
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