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Chi è il peggior nemico di Dio?

Qual è il peggior nemico di Dio?

Qualcuno potrebbe essere tentato di rispondere: il demonio. E certo, lui è un grosso problema. Ma il nemico di cui ci occupiamo oggi non è soprannaturale: è un tipo di uomo.

Il mio in(solito) commento a:
Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! (Mc 2,23-28)

Uomini che incontriamo spesso nei quattro Vangeli e… ahimè, anche nella vita di tutti i giorni: i farisei. E, per sgomberare immediatamente il campo da ogni possibile equivoco, preciserò che non mi riferisco al fariseo “personaggio storico”, ma a chi si “atteggia” come un fariseo, sia che popoli le città del nostro tempo, sia che abiti tra le pagine di un Vangelo scritto duemila anni fa. Perché persone così c’erano ieri, come oggi.

Il termine greco pharisaioi richiama l’aramaico perišayê, “separati” e sta ad indicare che i farisei erano una vera e propria setta. Ma, come spesso accade per parole tanto antiche, talvolta dietro ad un solo vocabolo si nascondono significati diversi. Ecco che scopriamo che “fariseo” significa anche “colui che si distingue”. Distinto dal resto del popolo, perché detentore di una cultura e della conoscenza delle Scritture. Il compito del fariseo era proprio quello di “interpretare” i testi sacri, spiegarli alle persone comuni. Ma, come accade anche al giorno d’oggi, l’uomo che si sente “superiore”, “migliore”, rischia di “montarsi la testa”. Così, i farisei, anziché usare la loro cultura e la loro conoscenza delle scritture per meglio spiegarle e tentare di far salire il popolo al loro livello, divulgavano soltanto quel minimo che poteva bastare, tenendo per sé il tesoro più grande: la conoscenza. Con il risultato che, anziché avvicinare il popolo, i farisei scavavano trincee per distanziarsi ancora di più e difendere la propria posizione privilegiata. E, se questo è un male, ce n’è uno ancora peggiore: quello incarnato da alcuni dei farisei che, non contenti di aumentare le distanze anziché colmarle, decisero di “addomesticare” le Scritture, interpretandole a loro vantaggio. In questo modo, non solo si distinguevano, o meglio, distanziavano dal popolo, ma addirittura allontanavano il popolo da Dio. E questo è il peccato peggiore che si possa commettere: Rubare Dio! «Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito» (Luca 11,52).

Nella nostra vita di tutti i giorni, amici cari, c’è qualcuno che si comporta così? Certamente ci sono, un po’ in tutti i campi, i “signori so tutto” che si vantano delle proprie capacità centellinando le informazioni da condividere con la gente. Ma il sapere non è fatto per rimanere chiuso nel buio di una cassaforte. E deve essere condiviso a beneficio di tutti, non riservato al favore di alcuni.

È così, amici cari, in cuor nostro, anche noi talvolta ci comportiamo come se fossimo farisei. Quante volte ci sentiamo così sicuri di noi stessi, tutti pieni del nostro “io”, a tal punto da non renderci conto di essere “vuoti di Dio”? Il “fariseo che c’è in noi” viene fuori ogni volta che apriamo la bocca per criticare qualcuno, senza neppure domandarci quali e quante difficoltà possa aver superato. Quante volte siamo più abili di un esperto? Più colti di uno studioso? Più scattanti di un atleta? E purtroppo… quante volte addirittura ci sentiamo più “giusti” di Dio? In tutte queste situazioni la nostra lingua si muove più velocemente della nostra testa ed anche del nostro cuore.

Poi c’è chi gioca con la fede. Chi difende la propria posizione trincerandosi dietro paroloni incomprensibili per accertarsi che Dio resti ben chiuso dentro ad un tabernacolo. Sotto controllo. Non si sa mai dovesse uscire e magari cambiare il mondo… Ma Dio non è fatto per restare chiuso in una pisside dorata. Ce lo fa notare Santa Teresa di Lisieux: “Nostro Signore non scende dal cielo tutti i giorni per stare in una pisside d’oro. Si tratta di trovare un altro cielo che è infinitamente più amato da Lui, il cielo delle nostre anime, creato a sua immagine, i templi vivi dell’adorabile Trinità”. Dio non è una proprietà privata da custodire gelosamente, ma è pane da spezzare, acqua per dissetare, vita che deve essere vissuta.

Che cosa direbbe Gesù a chi lo nega ai peccatori? Lui che non ha esitato a farsi pane, a spezzarsi e distribuirsi a chiunque ne avesse bisogno. Lui che, per ciascuno di noi, anche per chi lo ha condannato alla morte in croce, ha offerto la sua vita. Il suo sangue. Lui che ha fatto il sacrificio perfetto, donandosi indistintamente a fedeli e peccatori. Che cosa direbbe a quei fratelli che anche oggi si sentono “separati”, si sentono “migliori”, si credono “perfetti” e disprezzano gli altri?

Dio è di tutti e non può essere negato a nessuno. Ricordiamo le ultime parole che Gesù pronunciò prima di salire al cielo:  “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura(Marco 16,15). Ad ogni creatura! Non solo a chi si inginocchia ad una balaustra, ma anche e, oserei dire, soprattutto, proprio a chi in chiesa non ci viene. È nostro dovere uscire per le strade, andare “in tutto il mondo”, uscire alla ricerca di chi ancora non conosce Dio o lo rifiuta. Insomma: dobbiamo farci portatori della Buona Novella con le nostre azioni. Con il nostro vivere comune noi possiamo davvero fare breccia nel cuore di chi vive lontano da Dio. È così che la nostra vita si trasformerà in una splendida pagina vivente di Vangelo: un esempio per tutti! #Santanotte

Alessandro Ginotta

Qual è il peggior nemico di Dio?
Il dipinto di oggi è: “Il Sacro Cuore di Gesù”, di Luigi Guglielmino, 1960, olio su tela, Chiesa della Consolata, Torino

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