Oggi dobbiamo spostare una montagna: quella delle nostre difficoltà, delle nostre paure, dei nostri limiti che ci trattengono. Per farlo compiremo un viaggio nello spazio e nel tempo per approdare 2000 anni fa, in una terra straniera chiamata Decapoli. Vieni con me?
Il mio in(solito) commento a:
Mangiarono a sazietà (Marco 8,1-10)
Decapoli. Un territorio riarso, sull’altra sponda del mare della Galilea. Lontano da Cafarnao, la città di pescatori dove per un certo periodo Cristo soggiornò con gli apostoli. Là la terra fertile, qui il deserto. Lungo la strada sono disseminate rocce acuminate e polverose, i cui spigoli sono così taglienti da ferire i piedi dei viandanti. Un suolo povero, molto povero, brullo e incolto, dove la monotonia di un deserto senza fine è rotta solo da qualche cespuglio pineo di spine.
In quel luogo così inospitale si aggirano, ormai da tre giorni, moltitudini di persone coperte di stracci. Con i loro abiti logori si muovono attorno a Gesù che attraversa il deserto in compagnia dei suoi discepoli. Ed è proprio Gesù, commosso dalla tenacia di questa gente che ha lasciato le proprie case ed i propri rifugi per seguirlo, ascoltarlo e per farsi guarire da lui, che, mosso da compassione, ordina ai propri discepoli di dar loro da mangiare: «Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano». Gli risposero i suoi discepoli: «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?». Domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette». (cfr. vv. 2-5).
Ma come, Gesù!? Non sai che sette pani non basteranno per tutti? Nonostante sia la seconda volta che una situazione simile accade, dopo il giorno in cui cinque pani d’orzo e due piccoli pesci forniti da un ragazzo furono usati da Gesù per nutrire una moltitudine, qui, davanti a tutti questi stranieri, consunti e malandati, sembra impossibile che sette soli pani possano bastare. Lo pensa Filippo, che di matematica se ne intende, tant’è che sta calcolando quanti denari ci vorranno per sfamare le cinquemila bocche che si trova davanti. Lo pensa Andrea, che da buon pescatore, rimpiange di non poter neppure catturare del pesce. E lo pensiamo anche noi, vero? Avremo letto questo brano decine e decine di volte, e chissà quante altre l’avremo sentito proclamare in Chiesa. Eppure, se d’incanto noi venissimo catapultati duemila anni nel passato, trovandoci immersi nella scena, guardando quelle tuniche mosse dal vento, osservando quegli occhi stanchi, quei visi sudati, la sabbia tra i calzari e sui piedi scalzi, anche noi saremmo tentati di pensare che cinque pani e due pesci non potranno bastare per tutti. Eppure, se avessimo fede, sapremmo che, proprio con la fede, si spostano anche le montagne! (cfr. Marco 11,22-24).
Io vi ho portati, con la fantasia, nel deserto della Decapoli, ma se ora provassimo a guardare dall’altra parte dello specchio, là dove sorgono le nostre case, là dove trascorrono le nostre vite, in mezzo ai nostri problemi, alle nostre difficoltà quotidiane, in mezzo alla malattia, e talvolta in mezzo a piccole gioie, scopriremmo che anche lì Gesù ci invita ad avere fede. Ci sprona a desiderare di poter spostare i macigni che appesantiscono le nostre vite. Sì, perché la fede che Dio ci chiede è una forza rivoluzionaria che agisce dentro e fuori di noi. È la fede che non si piega al ricatto della realtà, ma che la trasforma, permettendo, anche all’impossibile, di accadere. È una fede coraggiosa, che non si ferma davanti a nulla e nessuno. È una speranza contro ogni speranza.
Se saremo capaci di coltivare questa virtù, scopriremo anche noi che, anche solo sette miseri pezzi di pane saranno sufficienti non solo per nutrire cinquemila persone, ma addirittura riusciremo a riempire sette sporte piene di avanzi.
Perché la risposta di Gesù, alla nostra fede, è sempre di una generosità sovrabbondante. Quando in noi trova l’autentica fede, allora è capace di moltiplicare ogni nostro sforzo e ci spinge ad arrivare là dove da soli non saremmo proprio capaci! Gesù non si ferma a pensare se pochi pani potranno bastare. Lui è sicuro che basteranno. Ed avanzeranno. Chi possiede questa fede, anche se solo un pizzico, come un granellino di senape, potrà fare cose che, ai più, sembrano impossibili.
A tutti noi, che vogliamo credere, che vogliamo avere fede, Gesù chiede di non rinchiuderci nei nostri schemi asfittici e riduttivi, di non affidarci al calcolo ed alla ragione, che ci imprigionano in un rinunciatario oggi privo di speranza, ma di alzare lo sguardo oltre l’orizzonte e contemplare la vastità del cielo che libera la nostra fede e la spinge in alto fino a toccare il cuore di Dio. Ed è lì che avvengono i miracoli! #Santanotte
Alessandro Ginotta
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