Lo scorso anno registrai alcuni episodi di un podcast per dare “voce” ai miei commenti. Mi piace la possibilità di giocare con effetti audio e musica più o meno incalzante per trasportare ancora meglio il lettore (che in questo caso è anche ascoltatore) nel clima del racconto. Per introdurre il commento di oggi ripropongo una puntata particolare che potrai riascoltare qui:
Il mio in(solito) commento a:
La passione del Signore (Matteo 26,14- 27,66)
Lampi accecanti squarciano il cielo notturno, sferzato da un vento impetuoso. Noncuranti della pioggia, centinaia di persone affollano la strada che sale tortuosa la collina. Uno, due, trenta gradoni ci separano dal terreno. Una enorme pietra scivolosa si trova sulla sommità dello scalone. L’aria soffia ancora più forte lassù. Dodici sacerdoti danzano a ritmo sempre più frenetico, facendo ondeggiare i loro copricapi di piume. Quattro falò spargono una luce sinistra mentre, tutt’attorno, è un rullo di tamburi. Ma, che prodigio?! Da quella nube dal cielo scende una figura umana. Si cala leggero fino a toccare la lastra d’ardesia in cima alla piramide. All’improvviso tacciono tutti i tamburi. La figura discesa dalle nubi ha un manto di piume verdi, rosse e bianche, il volto nascosto da una maschera di turchesi, una parrucca e una barba di piume blu e rosse. I dodici sacerdoti si buttano a terra adoranti. Soldati, civili, anziani, donne e bambini restano ammutoliti e si inginocchiano nascondendosi il volto tra le mani. La divinità incute timore a chiunque. L’intera città si ferma, prostrata ai piedi della divinità.
No, tranquillizzatevi amici, non ho sbagliato religione. Con la fantasia ho ricostruito una ipotetica cerimonia mesoamericana, ambientata circa mille anni prima di Cristo. Così, un po’ per provocarvi e farvi riflettere sulle differenze tra come l’uomo è disposto ad attendere ed accogliere una divinità prepotente ed infinitamente altera, e come, invece, il Dio che ci ama oltre l’infinito, venga rifiutato e respinto.
Sarebbe facile credere ad un dio così, vero? Tutti lo riconoscono. Tutti lo accolgono con timore e reverenza. E’ facile accettare una divinità che incute timore e pretende sacrifici, spesso perfino umani. Così, per millenni, abbiamo immaginato un dio.
Poi arrivò Lui. Gesù. Il Figlio di Dio fattosi uomo per amore degli uomini. Ed ecco che non capimmo più nulla. Il vero Dio scende sulla terra per vivere in mezzo a noi che lo rifiutiamo. Lo rinneghiamo. Non accogliamo colui che ci ama. Incomprensibile vero?
E così siamo giunti alla pagina più buia della storia dell’uomo: Accecato d’orgoglio, delirante di onnipotenza, pieno di arroganza, l’uomo ha ucciso l’Emmanuele, il Dio con noi. Il Dio che proprio non riesce a comprendere. Sì, proprio quel Dio che ci ama così tanto dal rinunciare ai troni dorati dei cieli lontani per scendere a soffrire come un uomo normale. Per venire a vivere in mezzo a noi e provare fatica, stanchezza, sete e fame, dolore e pianto, ma anche un immenso, incontenibile amore per le sue creature che vagano smarrite in una terra dove forse ci sono più lupi che agnelli.
Ma Cristo non è sceso sulla terra soltanto per sperimentare la nostra vita, non è venuto in vacanza. Oh no! Dio ha vissuto in mezzo a noi per guarirci dalla malattia, per liberarci dal demonio, per riportare alcuni di noi alla vita, e per condurre tutti noi alla vita eterna. E noi? Come lo abbiamo accolto? Ci siamo rifiutati di riconoscerlo, e lo abbiamo condannato a morte per acclamazione.
Sì, amici cari, non inorridiamo, c’eravamo anche noi in quel coro che gridava “crucifige”. Lo abbiamo crocifisso, come lo crocifiggiamo ancora oggi nel nostro cuore ogni volta che ignoriamo le difficoltà del prossimo, ogni volta che rifiutiamo un gesto di carità, un gesto d’amore.
Soffochiamo Gesù nel silenzio della nostra anima, senza alcun clamore popolare che ci impaurisca, senza alcuna passione che ci sconvolga, ogni volta che commettiamo un peccato, un’ingiustizia. Ogni volta che rinunciamo a compiere il bene. Ogni volta, cari amici, che preferiamo a Gesù un nostro piacere, un nostro vizio, un nostro lucro.
Ciascuna di queste volte noi ci trasformiamo nella folla vociante che incita all’assassinio di Gesù. Ciascuna di queste volte noi ci tramutiamo nelle mani di Pilato che, ben lontano dall’essere pulite, sono macchiate del sangue innocente di colui che è venuto al mondo per noi, per guarirci, per salvarci.
Lo abbiamo tradito nel nostro cuore, proprio come Giuda, vendendolo per trenta misere monete d’argento, ogni volta che abbiamo mancato al comandamento dell’amore. Ogni volta che abbiamo reagito anziché perdonare. Ogni volta che abbiamo percosso chi ci ha colpito. Tutte le volte che abbiamo rifiutato un pasto ad un affamato. Tutte le volte che abbiamo negato un sorso d’acqua a chi aveva sete (a maggior ragione quando la fame e la sete riguardano lo spirito). Tutte le volte che abbiamo respinto lo straniero, solo perché diverso. Tutte le volte che abbiamo negato un vestito a chi soffriva il freddo. Ed anche ogni volta che il calore che abbiamo rifiutato era quello del nostro affetto.
Lo abbiamo rinnegato, proprio come Pietro, ogni volta che nascondiamo di essere cattolici magari per evitare che qualcuno che non ci capisce rida di noi.
Ma Dio non è un giudice spietato, come quella divinità discesa sulla piramide che abbiamo immaginato. No, anche se per noi non è facile capirlo, Dio è “il” Creatore, profondamente innamorato della sua creatura. E, come un innamorato, perdona ogni colpa ed ogni difetto alla sua innamorata, ecco che Dio è sempre pronto a perdonarci e non ci abbandona mai.
Ricordate, amici, il primo peccato compiuto dall’uomo? Il peccato originale? Ebbene, amici cari, quando Adamo ed Eva, dopo aver mangiato il frutto proibito, si accorsero di essere nudi (cfr. Genesi 3,11), Dio, anziché scagliare fulmini e saette, “fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì” (cfr. Genesi 3,21). Eccolo Dio, in tutta la disarmante semplicità del suo amore. Non chiede sacrifici, come quell’essere piumato, ma perdono ed amore. Perché l’amore di Dio è più grande del più grave dei peccati che l’uomo possa mai commettere. E nulla e nessuno ci potrà mai separare dal suo amore. Sì, perché anche quando commettiamo il crimine più atroce, Dio è pronto ad ascoltarci, perdonarci, consolarci, riammetterci alla sua presenza.
#Santanotte amici, lasciate entrare l’amore di Dio nel vostro cuore e la vostra vita si trasformerà! Risorgiamo anche noi da un’esistenza di male e di peccato e la luce di Dio brillerà sempre dentro di voi. Dio vi benedica amici cari!
Alessandro Ginotta
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