Questo commento, scritto un anno fa, poche ore dopo essere diventato papà per la prima volta, deve aver toccato i cuori di molti, perché è stato pubblicato da un periodico cattolico e molti stralci sono stati ripresi perfino da Avvenire con mia grande gioia e sorpresa. Vediamo di che si tratta: Padre. Per capire davvero che cosa voglia dire per Dio, amarci, ho dovuto sperimentare la paternità. Proverò a raccontarti questa sensazione indescrivibile, la stessa che prova Dio
Il mio decisamente in(solito) commento a:
Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita (Luca 15,1-3.11-32)
La parabola del padre buono. Ti confesso che l’ho capita “veramente” da poco. Un tempo la conoscevo come “del figliol prodigo”, ma l’averla compresa bene non dipende da questo. No. Il fatto è più bello, te lo racconto:
Rita ha appena compiuto un anno. Quella notte, in ospedale, scrissi un articolo di cui ti propongo alcuni passaggi per poi calarli “nella parabola”:
Sono diventato papà. Mentre scrivo queste righe mi trovo in ospedale, seduto su una seggiola accanto al letto di mia moglie. Il mio sguardo indugia sul viso della nostra piccola che riposa facendo piccoli movimenti: ora un braccino, ora una gambetta, ora un vagito e perfino una parvenza di sorriso. Con queste immagini negli occhi non posso non pensare a Dio. Misuro la mia gioia frammista alle mille altre indescrivibili sensazioni che la paternità porta con sé e mi chiedo quali sentimenti possano abitare il cuore di Dio, Padre e Creatore, mentre contempla noi, le sue creature. Si dice spesso che Dio è amore (rif. 1Giovanni 4,8). Sebbene io abbia scritto svariati libri sull’argomento, devo farti una confessione: solo oggi mi sto rendendo conto di non aver mai compreso fino in fondo l’intensità dell’amore che un genitore può provare per la propria figlia od il proprio figlio. Non l’avevo mai neppure immaginata prima di provarla. E allora provo a chiedermi quanto amore possa contenere il cuore del Padre onnipotente. Quanto ne possa traboccare fino a giungere, come una balsamica carezza, su ciascun essere umano. Quanto intenso ed incondizionato sia questo trasporto, capace di amare a prescindere, per il solo fatto che noi esistiamo e siamo figli suoi. Non mi stupisco più che Dio sia disposto a perdonare perfino i nostri peggiori peccati, che Egli sappia dimenticare le nostre colpe come se non fossero mai esistite. Cosa non si perdonerebbe ad una creatura così piccola come la bimba che vedo davanti a me ora? Che cosa non sarei disposto a fare per lei? Tutto questo, cara lettrice, caro lettore, Dio lo fa per te. Per tutti noi. (Tratto da “Sorprendersi con Dio. Oggi ho assistito al miracolo della vita“, Alessandro Ginotta, Il Corriere della Valle, 23 febbraio 2023. Ripreso da Avvenire, il 15 marzo 2023 nell’articolo “La bontà del Padre compresa alla luce della propria paternità” di Guido Mocellin che, ancora commosso e sorpreso, ringrazio).
Come non capire il cuore del padre della parabola che attende per giorni, settimane, forse mesi, il ritorno del proprio figlio? Come non farci coinvolgere nello slancio di quelle braccia che volano al collo del ragazzo che rientra a casa? Anche se ha sperperato tutte le sue risorse, anche se avesse compiuto il peggiore degli errori, un figlio è sempre un figlio, amato e desiderato. Non può, questo padre, comportarsi in altro modo, così come non può, Dio, rinunciare a perdonare perfino il più grave dei nostri peccati. Perché Egli ci ama. E l’amore di un padre (o una madre) per il proprio figlio (o la propria figlia) è il più intenso, il più autentico, il più viscerale, il più vicino a Dio dei sentimenti che un essere umano possa mai sperimentare. Perché solo amare (come fa Dio) ci permette di comprendere davvero!
#Santanotte. Amati dal Signore non cadiamo nell’errore di questo fratello, ma amiamo a nostra volta chi ci sta accanto. Comprendiamo e perdoniamo, perché verremo a nostra volta perdonati da chi legge dentro al nostro cuore.
Alessandro Ginotta
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