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Da che parte andrai?

Da che parte andremo?

Attraverso uno squarcio che si apre sull’infinito potrai scegliere tra due diversi destini: uno di vita ed uno di morte. Da che parte andrai?

Il mio in(solito) commento a:
Nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti (Lc 16,19-31)

Non per niente San Luca era un pittore, questa pagina di Vangelo è come un magnifico dipinto: vediamo da un lato il ricco epulone, vestito di porpora e di lino finissimo e che ogni giorno si intrattiene in lauti banchetti; mentre accanto, il “pennello” di San Luca tratteggia il ritratto del povero Lazzaro: vestito di stracci, la pelle rovinata ricoperta di piaghe purulente, che vengono addirittura leccate dai cani, giace, senza forze, steso a terra. Questo contrasto tra la ricchezza sfrontata e la povertà assoluta è un chiaroscuro degno di Caravaggio! 

Ma il quadro non finisce qui, perché ci sono altre scene: San Luca cambia il pennello caravaggesco per quello di un Hieronymus Bosch, dando vita ad un vero e proprio “incubo”: la visione dell’inferno in cui, il ricco viene precipitato, per aver sempre ignorato le esigenze dei più deboli, per non essersi mai preso cura del povero Lazzaro che giaceva dinnanzi alla sua porta. Chissà quante volte gli sarà passato accanto, forse distogliendo lo sguardo per non farsi “contaminare” dalla povertà. 

Il ricco epulone abitava in un palazzo sontuoso e vestiva in modo molto raffinato, era tutto “immagine” e niente sostanza. No, non è un male, per il ricco, avere molto denaro. Il suo vero peccato è quello di aver ignorato le sofferenze del povero Lazzaro, che pure viveva sotto i suoi occhi. Così, questo capolavoro di San Luca, ritrae il ricco avvolto dalle fiamme dell’inferno, in preda a tormenti indicibili, stanco ed assetato, implorare Dio di mandargli Lazzaro ad “intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnargli la lingua” perché soffre terribilmente la sete. Lo ha ignorato per tutta la vita, lo ha snobbato, ed ora, nel momento del bisogno, vuole un aiuto da lui. E forse Lazzaro, nella sua semplicità, sarebbe pure andato a portargli un po’ d’acqua, ma non lo può fare. Gli è impedito. Perché: “tra noi e voi è stato fissato un grande abisso”. 

Attenzione, perché l’abisso che il ricco epulone sperimenta nell’inferno, lo ha costruito lui stesso, con le sue stesse mani, un pezzetto al giorno, ogni volta che ha scavalcato il corpo macilento di Lazzaro, senza degnarlo neppure di uno sguardo. Senza dargli mai neanche un piccolo aiuto. Eccolo l’abisso del peccato che parte dal nostro cuore!

Ed è con questi peccati che costruiamo le pareti dell’inferno. Sì, siamo noi a scavarci attorno quell’abisso: la distanza che ci separa da Dio. Una lontananza che, in verità, finché siamo sulla terra è “a senso unico”: non importa quanti e quali peccati commettiamo, perché Dio è sempre accanto a noi.

Dio non è un giudice spietato, ma un Creatore perdutamente innamorato delle sue creature. Ricordate il primo peccato compiuto dagli esseri umani? Quando Adamo ed Eva, dopo aver mangiato il frutto proibito, si accorsero di essere nudi (cfr. Genesi 3,11), Dio, anziché scagliare fulmini e saette, “fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì” (cfr. Genesi 3,21). E’ un’immagine di tenerezza verso quella coppia peccatrice che ci lascia a bocca aperta: la tenerezza di Dio per l’uomo e per la donna! E’ un’immagine di custodia paterna della coppia umana. Dio stesso cura e protegge il suo capolavoro.

Così è l’amore di Dio: più grande del più grave dei peccati che l’uomo possa mai commettere. E nulla e nessuno ci separerà da Dio. Nulla e nessuno tranne noi stessi. Sì, perché anche quando commettiamo il crimine più atroce, Dio è pronto ad ascoltarci, perdonarci, consolarci, riammetterci alla sua presenza, purché noi lo desideriamo. È solo il nostro desiderio di autodeterminazione, il nostro pretendere di vivere senza Dio, a far sì che, di tanto in tanto, noi ci ribelliamo a Lui e ci sottraiamo al suo amore. E, così facendo, sperimentiamo la peggior punizione che l’uomo abbia mai potuto pensare: la lontananza da Dio. L’assenza di Dio nel nostro cuore. Eccolo l’inferno! Freddo. Buio. Senza amore. Senza capacità di accogliere il perdono che ci viene offerto, perché lo facciamo rimbalzare su muri d’orgoglio.

Ci danniamo da soli, mentre Lui è proprio qui, accanto a noi. In ogni momento, ci è vicino, e ci cinge con il suo amore, pronto anche a fabbricare per noi una “tunica di pelle” per metterci a nostro agio e farci sentire amati e protetti. Perché Egli ci ama a prescindere #Santanotte!

Alessandro Ginotta

Da che parte andremo?
Il dipinto di oggi è: “La Risurrezione di Cristo”, di Fray Juan Bautista Maíno, 1612, olio su tela, 295×174 cm, Museo del Prado, Madrid

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