In pochi versetti, un umile pescatore di nome Simone, figlio di Giona, diventa Pietro: il primo degli apostoli e la guida della Chiesa nascente. Ma, nella sua consueta irruenza, finirà per inciampare e guadagnarsi addirittura l’appellativo di Satana…
Il mio in(solito) commento a:
Tu sei Pietro, e a te darò le chiavi del regno dei cieli (Mt 16,13-23)
Ha risposto correttamente a una domanda che avrebbe messo in crisi chiunque: «Ma voi, chi dite che io sia?» (v. 15). Immaginiamo quanto questa domanda di Gesù possa aver sconvolto i suoi discepoli. La gente crede che Cristo sia un profeta: chi lo vede come Giovanni il Battista, chi come Elia… ma Gesù vuole sapere cosa pensano coloro che hanno vissuto con Lui negli ultimi anni, che hanno camminato con Lui per le strade polverose di Israele, che lo hanno visto compiere miracoli e guarigioni straordinarie: «Voi, chi credete che io sia?».
Ed ecco che Simon Pietro, un semplice pescatore senza alcuna cultura, dà una risposta che sorprende tutti: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (v. 16). Ed è proprio l’unica risposta corretta. Attento Simone (e anche attenti tutti noi, perché questo riguarda l’intera umanità), perché senza Dio non siamo nulla: «perché senza di me non potete far nulla» (cfr. Giovanni 15,5). La risposta di Pietro non nasce dalla sua mente, ma dalla sua anima illuminata da Dio: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli» (cfr. v. 17).
Finché restiamo nella luce, finché permettiamo a Dio di illuminare la nostra anima, i nostri occhi vedono lontano. Non a caso “profeta” significa “colui che vede lontano”; illuminato dalla luce di Dio, riesce a vedere oltre ciò che vedono le persone normali. Ma appena l’orgoglio si fa strada, appena ci “montiamo la testa” per un successo che non è nostro, ma di Dio, allora le tenebre soffocano la luce e diventiamo incapaci di vedere la strada davanti a noi, anche se è vicina. Inciampiamo. Cadiamo. Scivoliamo. E così accadde anche a San Pietro, che pochi versetti prima si era guadagnato le chiavi del Paradiso: «E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (vv. 18-19). Pietro inciampa rovinosamente cedendo al suo orgoglio (“se ho dato questa risposta giusta, allora potrò darne anche altre”) e inizia a parlare a sproposito, dimenticandosi di guardare nella profondità della sua anima, dove brilla la luce di Dio. Quando Gesù annuncia la sua prossima morte, Simone, detto Pietro, si monta talmente la testa da credere di poter perfino rimproverare Dio: “Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai»” (cfr. v. 22).
Ed ecco che Gesù gli risponde duramente: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!» (v. 23). La chiave di tutto è proprio qui: non pensare secondo gli uomini. Dobbiamo imparare a guardare nel profondo della nostra anima, dove anziché trovare buio, possiamo incontrare quella scintilla che Dio stesso ha posto dentro di noi. Dobbiamo sforzarci di fermare la testa e muovere il cuore. Di lasciare che sia Dio a guidare i nostri passi e ispirare le nostre parole. Solo così le tenebre non prevarranno! #Santanotte
Alessandro Ginotta
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