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Dio non è dei morti, ma dei viventi!

Dio non è dei morti, ma dei viventi!

Le mani di Gesù afferrano saldamente quelle di Adamo ed Eva. Insieme ai nostri progenitori, Cristo salva tutti noi. Sollevandoci a forza dall’abisso di un oggi sempre più vuoto e privo di valori, sempre più materialista e lontano dalla dimensione spirituale.

Il mio in(solito) commento a:
Dio non è dei morti, ma dei viventi (Lc 20,27-40)

Egli viene, scende in mezzo agli inferi e ci libera. È quello che ci racconta questa icona, l’anastasi, tema iconografico dell’arte bizantina celebrato dalla Chiesa Ortodossa, ma anche da quella Cattolica Romana nel Simbolo degli Apostoli: “discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte”.

Oggi scopriremo che la risurrezione più importante non è quella che segue la morte, ma quella dell’uomo (biologicamente vivo) che torna alla vita piena, dopo la morte al peccato.

Quando, da bambino, udii per la prima volta questo brano di Vangelo durante una Messa pensai: “Ma come? Dio non è dei morti?… Sì, sono contento che sia dei viventi. Ma i morti, poverini, già sono… morti… gli togliamo pure Dio…”. Quanto mi sbagliavo! Certo che Dio non è dei morti, ma dei viventi! Perché nessuno di noi muore veramente! Sì amici cari, perché la morte altro non è che l’anticamera della risurrezione. Non è la fine della vita, ma una trasformazione, l’inizio di una nuova vita sotto altra forma.

Questa convinzione e questa speranza devono dare un senso alla nostra vita. Senza confidare nella vita oltre la morte tutto il mondo sconfinerebbe in un’esistenza puramente edonistica, ricercando soltanto il piacere immediato. Sarebbe una vita miope e stanca. E tutti saremmo incapaci di fare progetti. Come potremmo vivere pensando che i nostri figli, che amiamo, siano destinati a scomparire per sempre? Che cosa accadrebbe se, in una curva, un’auto dovesse sbandare? Come potremo sopravvivere pensando che per loro, o per noi, un giorno finirà tutto? Ci sarà solo buio, vuoto, assenza di Dio?

Talvolta cerchiamo di allontanare queste domande dalla nostra mente. Perché, amici cari, se forse giovani e giovanissimi possono ritenere che il momento della loro morte sia così lontano da non doversene preoccupare, è proprio quando l’età avanza ed i capelli iniziano ad ingrigire, che ritornano a farsi sentire le domande esistenziali e l’anelito di infinito.

No amici cari, non siamo meccanismi ad orologeria pronti a spegnersi all’ultimo giro di molla. Non siamo lampade che cessano improvvisamente di fare luce quando si preme un interruttore. Noi siamo esseri fatti ad immagine e somiglianza di Dio, siamo le sue creature. La speranza cristiana è l’attesa di qualcosa che già è stato compiuto e che certamente si realizzerà per ciascuno di noi, che siamo in cammino verso qualcosa che già c’è, che esiste, non per qualcosa che non sappiamo se avverrà.

Anche la nostra risurrezione e quella dei nostri cari defunti, quindi, non è una cosa che potrà avvenire oppure no, ma è una realtà certa, in quanto radicata nella Risurrezione di Cristo. Lui ci ha aperto la strada, noi la dobbiamo soltanto seguire.

Gesù è risorto, ed anche noi risorgeremo. Leggiamo nel Catechismo della Chiesa Cattolica: “Con la morte, separazione dell’anima e del corpo, il corpo dell’uomo cade nella corruzione, mentre la sua anima va incontro a Dio, pur restando in attesa di essere riunita al suo corpo glorificato” (CCC 997). Chi risusciterà? Ancora una volta ci viene in aiuto il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Tutti gli uomini che sono morti” (CCC 998). Dobbiamo avere fede in questo. E, da questa fede, io ho tratto molta pace dopo la perdita delle persone più care. Spero che sarà così anche per voi. La morte non è la fine di tutto. E’ solo un nuovo inizio!

Ecco il grande mistero dal contemplare, quello della vita oltre la morte, della vita che prosegue insieme a Dio. Perché quello che davvero conta non sono le spoglie mortali, ma è l’anima che vivrà in eterno, riscaldata ed illuminata dalla luce di Dio ed in perfetta comunione con Lui.

Ma non c’è morte peggiore di chi muore in vita. “Che stai dicendo Alessandro? Certo che per morire bisogna essere vivi!”, direte voi. Vero. Però si può essere biologicamente vivi, ma spiritualmente morti. E’ quello che succede a chi si allontana da Dio, a chi lo rinnega nel suo cuore, a chi lo rifiuta e rifiuta anche i principi morali più basilari. E, badate, c’è molta gente così. Questa è la non-vita dalla quale siamo chiamati a risorgere qui ed ora. Subito!

Non la risurrezione della carne, ma quella dell’uomo che torna alla vita, dopo la morte al peccato. L’uomo che torna alla luce, dopo essere uscito dalle tenebre del male. E così, con Gesù nel cuore, ci sarà più facile attraversare quelle barriere che oggi tanto ci spaventano.

#Santanotte amici, viviamo nella speranza e scopriremo la certezza di Dio. E’ questa certezza che ci consente di vivere giorno dopo giorno, con serenità e pace

Alessandro Ginotta

L’illustrazione di oggi è: “Anastasi”, Icona ortodossa e raffigura Gesù, disceso agli inferi, nell’atto di salvare Adamo ed Eva, simboli di tutta l’umanità.

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