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Dio è degli ultimi

Dio è degli ultimi

Basta dare uno sguardo al presepe nel giorno della Natività: i primi ad incontrare Gesù fattosi uomo in una mangiatoia sono i pastori. Umili e poveri, ai margini della società. No, non ci sono scribi o farisei davanti alla capanna, perché Dio è degli ultimi.

Il mio in(solito) commento a:
Siete figli di chi uccise i profeti (Matteo 23,27-32)

Questa volta Gesù è proprio arrabbiato. A fargli perdere le staffe sono stati proprio coloro i quali si reputavano più vicini a Lui (ma ovviamente non lo erano): «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità» (vv. 27-28).

I primi ad incontrare Gesù fattosi uomo in una mangiatoia sono i pastori. Umili e poveri, ai margini della società. Non certo i farisei, che pure ambiscono ai primi posti nelle sinagoghe ma sono distanti con il cuore.

Dio è buono e generoso con chi sbaglia, perché ci ama ed è sempre pronto a perdonare la nostra piccolezza. Ma quando l’errore non è qualcosa che ci capita e basta, quando l’errore non è frutto di una nostra mancanza, ma di una deliberata premeditazione, quando siamo proprio noi a causarlo, allora non stiamo più sbagliando: stiamo facendo gli ipocriti. Stiamo ingannando.

I farisei di cui parla questo brano facevano proprio questo: ingannavano. Imbrogliavano la gente semplice, spacciando come volere di Dio delle leggi costruite dall’uomo, per comodità dell’uomo. Inventavano regole per fare valere la propria autorità, per controllare e soggiogare il popolo. Così facendo ingannavano anche Dio.

Sì, perché Dio, nella sua inguaribile bontà, ripone in noi una fiducia immensa. Ed è pronto a perdonare ogni cosa. Ma quando deliberatamente noi traiamo il nostro prossimo in inganno, camuffando la cosa come se fosse una volontà di Dio, allora commettiamo il peggiore peccato che si possa immaginare: tradiamo Dio.

Il peccato di questi farisei è molto grave: proprio loro, che si dichiaravano più vicini a Dio, proprio loco che si professavano interpreti delle scritture e conoscitori della Parola, finivano per diffondere false credenze su di Lui. Manipolavano la fede dei più semplici. Ingannavano proprio quei piccoli, che erano (e sono) i prediletti di Dio (cfr. Matteo 5,3-12).

Quanto più ci avviciniamo a Dio e ne approfondiamo la conoscenza, tanto più abbiamo la responsabilità di testimoniare la Verità. Abbiamo il dovere di “andare in tutto il mondo e predicare il Vangelo ad ogni creatura” (cfr. Marco 16,15-20). Non possiamo addomesticare la Parola per asservirla ai nostri bisogni, ma dobbiamo trasmetterla fedelmente, così come l’abbiamo ricevuta.

Oggi ci sono moderni farisei, ancorati alle tradizioni, che non riconoscono la legge dell’amore: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”. (Giovanni 13,34). I farisei di oggi hanno l’anima spenta e, con il volto grigio, cercano sempre di raffreddare la fiamma dell’amore che arde nel cuore di chi continua a farsi voce per la Parola. Come quelli di ieri, i farisei di oggi sono persone sempre tristi, si credono perfetti e disprezzano gli altri. Si sentono autorizzati da Dio a giudicare. E a condannare.

Deboli travestiti da forti. Non riescono a comprendere la grandezza di Dio e, per questo, desiderano cancellarla. Annientano quello che non capiscono. Uccidono, un’altra volta, Dio. Che cosa possiamo fare? Cristo ci ha insegnato: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Luca 23,34). Quello che dobbiamo fare è continuare a conservare fresco quel Vino che Gesù ci ha affidato. È proseguire a spargere quel seme che Dio ci ha donato. È alimentare continuamente la fiammella che sta nel nostro cuore e cercare di ravvivare quella di chi ci sta accanto. È fare festa insieme a Gesù, perché Lui desidera che il Vangelo continui a portarci gioia. Perché, amici cari, come dice Papa Francesco: “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento” (Evangelii Gaudium 1). #Santanotte

Il dipinto di oggi è: “Cristo Risorto con San Pietro e San Paolo” di Antonio Moro, 1556, olio su tavola, 1,6 x 1,52 m, Castello di Chantilly, Francia

Alessandro Ginotta

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