Le mani di Gesù stringono con forza quelle di Adamo ed Eva. Con loro, Cristo solleva anche noi, afferrandoci dall’abisso di un oggi che sembra sempre più vuoto, soffocato dal materialismo e distante dalla dimensione spirituale. Non è solo una salvezza: è un invito a risorgere, qui e ora.
Ecco il mio in(solito) commento a:
Dio non è dei morti, ma dei viventi (Lc 20,27-40)
Gesù scende negli inferi, lì dove ogni speranza sembra perduta, e ci libera. È quanto ci racconta l’icona dell’anastasi, un’immagine che parla di risurrezione, amata tanto dall’arte bizantina quanto dalla nostra fede cattolica. Lo proclamiamo ogni volta nel Credo degli Apostoli: “discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte”.
Ma c’è una risurrezione più urgente di quella che segue la morte: è quella dell’uomo che, pur essendo biologicamente vivo, torna davvero a vivere. È il risveglio dal peccato, dall’apatia, dal buio interiore.
Quando da bambino sentii per la prima volta questo brano del Vangelo, rimasi perplesso. “Dio non è dei morti? E i morti allora? Già sono morti… dobbiamo pure togliergli Dio?” pensai. Quanto mi sbagliavo! Dio è dei viventi perché nessuno di noi muore davvero. La morte è solo un passaggio, un’anticamera della risurrezione. Non è la fine della vita, ma il suo trasformarsi.
Ed è proprio questa certezza che dà senso al nostro vivere. Senza la speranza della vita oltre la morte, saremmo condannati a un’esistenza miope, fatta solo di piaceri immediati e di paura per il domani. Come potremmo amare i nostri figli sapendo che sono destinati a scomparire per sempre? O come potremmo accettare che un incidente, una curva sbagliata, ponga fine a tutto?
No, non siamo meccanismi pronti a fermarsi con l’ultimo giro di molla. Non siamo lampade che si spengono con un interruttore. Siamo esseri fatti a immagine e somiglianza di Dio, creati per vivere in eterno!
La risurrezione non è un’ipotesi: è una certezza. Gesù è risorto, e noi risorgeremo con Lui. Lo dice il Catechismo: “Con la morte, l’anima va incontro a Dio, in attesa di ricongiungersi al corpo glorificato” (CCC 997). Questa certezza mi ha dato pace anche nei momenti più dolorosi, come la perdita delle persone care. E spero che possa confortare anche te.
Ma c’è una morte peggiore di quella fisica: è la morte dell’anima. Gesù ci tende la mano per farci uscire dalle tenebre. Con Lui nel cuore, anche le paure più grandi diventano barriere da superare. #Santanotte
Alessandro Ginotta
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