Non ci fu uomo più grande di Giovanni Battista (Matteo 11,11-15)
Di tanto in tanto nascono persone capaci di compiere azioni straordinarie. E, tra gli straordinari, il più grande di tutti è San Giovanni il Battista. Non solo perché fu il precursore, colui che, come profetò Isaia: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri» (cfr. Marco 1,1-8) (cfr. Isaia 40,3-5).
Certo, il Battista predicava sulle rive del Giordano prima ancora che Gesù iniziasse la sua vita pubblica, ma San Giovanni il Battista è molto di più: è contemporaneamente l’ultimo dei profeti ed il primo dei discepoli.
Probabilmente non aveva un fisico atletico, i dipinti lo raffigurano sempre con un fisico molto magro ed asciutto, anche perché di lui sappiamo che si nutriva di quel che gli offriva il deserto: “Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di locuste e miele selvatico” (Marco 1,6). Nella mia fantasia però San Giovanni il Battista ha i muscoli di Sansone: lo immagino come un uomo possente e nerboruto. Vedo l’espressione determinata del suo volto, con un rivolo di sudore sulla fronte, i bicipiti tesi a congiungere (anziché demolire, come nel caso di Sansone) due pesanti colonne, che rappresentano l’Antico ed il Nuovo Testamento. A ben guardarle, queste colonne, sono proprio costituite di pagine. Sono le pagine della Bibbia che, grazie a Giovanni il Battista, compiono un balzo tra la Vecchia e la Nuova Alleanza. E Giovanni è lì, in piedi, con gambe e braccia divaricate, a tirare ed unire fra di loro pagine lontane millenni.
San Giovanni Battista cambia il volto di Dio. Certo, Dio non muta il suo aspetto. A cambiare però è la percezione che noi abbiamo di Lui. Un po’ come se, di pari passo con il crescere della nostra consapevolezza, crescesse anche l’immagine che noi abbiamo di Dio. Il ritratto che emerge dall’Antico Testamento è quello di un giudice severo, pronto a castigarci distruggendo intere città (cfr. Genesi 19), o minacciando di farlo (cfr. Giona 3), causare calamità (Esodo 10) fino a inondare tutta la terra e sterminare quasi l’intera popolazione (Genesi 6-9). Un giudice la cui severità è mitigata da alcuni slanci di generosità che, via via, riempiono sempre di più le pagine della Bibbia: “Ma tu sei un Dio pronto a perdonare, pietoso e misericordioso, lento all’ira e di grande benevolenza e non li hai abbandonati” (Neemia 9,17).
Eccolo il vero volto di Dio. Vien fuori pian piano con il progredire del tempo. Perché dio è più grande della nostra immaginazione. Egli è più grande dell’idea stessa che noi possiamo avere di Lui. E, solo con il tempo, meditando, pregando, avvicinandoci a Lui, possiamo sperare di cogliere, via via, la sua immagine un po’ meno sfocata.
Perché la percezione che noi abbiamo di Dio, passa attraverso la storia umana e si manifesta attraverso uomini e parole umane. E’ quella che viene chiamata “progressione” nella Rivelazione ed è per questo che il Nuovo Testamento ha una differente gradazione; ma, come dice Gesù nel Discorso della montagna, «non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire ma per portare a pienezza» (Matteo 5,17). Ogni parola della Bibbia ci offre un pezzettino dell’immagine di Dio. Ma è solo il libro intero che ci offre una visione d’insieme. Lo confermerà Gesù ai discepoli di Emmaus: «cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiega in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui» (Luca 24,27).
Sì, perché Dio non è né un giudice spietato, né un buonista melenso. Entrambe queste semplificazioni sono errate. Dio è di più. E San Giovanni il Battista lo sa bene. Dio è il Creatore ed è profondamente innamorato della sua creatura. E, come un innamorato, perdona ogni colpa ed ogni difetto alla sua innamorata, ecco che Dio è sempre pronto a perdonarci e non ci abbandona mai. Ricordate, amici, il primo peccato compiuto dall’uomo? Il peccato originale? Ebbene, amici cari, quando Adamo ed Eva, dopo aver mangiato il frutto proibito, si accorgono di essere nudi (cfr. Genesi 3,11), Dio, anziché scagliare fulmini e saette, “fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì” (cfr. Genesi 3,21). Perché l’amore di Dio è più grande del più grave dei peccati che l’uomo possa mai commettere. E nulla e nessuno ci separerà dal suo amore. Nulla e nessuno tranne noi stessi. Sì, perché anche quando commettiamo il crimine più atroce, Dio è pronto ad ascoltarci, perdonarci, consolarci, riammetterci alla sua presenza, purché noi lo desideriamo. Ed è solo il nostro desiderio di autodeterminazione, è solo il nostro “essere di dura cervice”, che fa sì che, di tanto in tanto, noi ci ribelliamo a Lui e ci sottraiamo al suo amore. Così facendo, sperimentiamo la peggior punizione che l’uomo abbia mai potuto pensare: la lontananza da Dio. L’assenza di Dio nel nostro cuore. Eccolo l’inferno! La distanza che ci separa da Dio. Ma noi sappiamo che Lui, in ogni momento, ci è vicino, e ci cinge con il suo amore, pronto anche a fabbricare per noi una “tunica di pelle” per metterci a nostro agio e farci sentire amati e protetti. Perché Egli ci ama, a prescindere dal nostro peccato.
Giovanni il Battista ha intuito, meglio di tutti gli altri, il vero volto di Dio. Ed è per questo che ha preparato, non solo il popolo di Israele, ma tutti noi, ad incontrare Gesù: “Io vi battezzo con acqua per la conversione, ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non sono degno neanche di sciogliere il legaccio dei sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (Giovanni 3,16).
Tutto si evolve, anche la nostra capacità di intuire, poco alla volta, qualche pezzetto in più di Dio. E’ una progressione lenta e difficile attraverso la storia, per cui ogni evento narrato nella Bibbia si situa in un punto particolare del cammino e a una distanza più o meno grande dal suo compimento. Scrive San Paolo: “Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l’ho abbandonato. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto” (1Corinzi 13,11-12).
Alessandro Ginotta
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