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Tra il dire e il fare…

Tra il dire e il fare...

Tra il dire e il fare… c’è di mezzo il mare. Ma che cosa c’entra un simile proverbio con un brano di Vangelo?

Il mio in(solito) commento a:
Dicono e non fanno (Mt 23,1-12)

A dire e non fare, in questo brano di Vangelo, sono scribi e farisei: “Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente” (vv. 4-5). La chiusura, la rigidità eccessiva, è sempre nociva. Quando applicata alla religione rischia di trasformarsi in fondamentalismo. E anziché avvicinare a Dio, questo atteggiamento allontana. Ma questo non è il loro peggior peccato. Eh no!

C’è ben di peggio di essere eccessivamente severi con un popolo affamato che cerca la fede: uccidere i loro sogni.

Sì, perché la responsabilità maggiore di scribi e farisei era quella di opprimere la fantasia, la libertà, l’espressività della gente, ingabbiandola in celle fatte di regolamenti così complessi da potersi rispettare che richiedevano sempre la presenza di uno di loro per poter decidere, di momento in momento, se una data operazione fosse lecita o meno. Non si poteva raccogliere una spiga in giorno di sabato, né era permesso prendersi cura di un ammalato. Non era permesso mangiare determinati alimenti ed erano prescritti rituali assurdi e complicatissimi. Pensate che veniva ritenuto impuro chi solo avesse sfiorato, anche solo inavvertitamente, una donna, o determinati oggetti, in alcuni giorni del mese: “Quando una donna abbia flusso di sangue, cioè il flusso nel suo corpo, la sua immondezza durerà sette giorni; chiunque la toccherà sarà immondo fino alla sera. Ogni giaciglio sul quale si sarà messa a dormire durante la sua immondezza sarà immondo; ogni mobile sul quale si sarà seduta sarà immondo. Chiunque toccherà il suo giaciglio, dovrà lavarsi le vesti, bagnarsi nell’acqua e sarà immondo fino alla sera. Chi toccherà qualunque mobile sul quale essa si sarà seduta, dovrà lavarsi le vesti, bagnarsi nell’acqua e sarà immondo fino alla sera. Se l’uomo si trova sul giaciglio o sul mobile mentre essa vi siede, per tale contatto sarà immondo fino alla sera” (Levitico 15,19-23). E proseguendo nella lettura potreste scoprire fatti anche peggiori.

Se ogni azione deve essere codificata, riflettuta, ponderata… se dietro ad ogni gesto si può nascondere un rimprovero o la minaccia di venir esclusi dal Regno dei Cieli… se, peggio ancora, le limitazioni vengono prescritte non per il volere di Dio, ma per preservare una posizione personale di privilegio, quale quella di scribi e farisei, camuffando proprio quello che viene fatto per i proprio tornaconto come se fosse Legge di Dio… allora sì che si compie il peggiore dei peccati. Che non è l’omicidio. Ma è l’assassinio della libertà. Quella libertà che si dovrebbe librare in un volo sulle ali dello Spirito. Quella libertà che dovrebbe avere lo stesso sapore della vita e della gioia. Quella libertà che dovrebbe avere lo stesso colore dell’azzurro del cielo. Quella libertà che dovrebbe avere lo stesso suono di una risata felice. Quella libertà che dovrebbe avere occhi di speranza e sogni di futuro. Tutto questo hanno rubato scribi e farisei.

Ma ora soffermiamoci su una domanda: esistono scribi e farisei ai nostri giorni?

Ancora oggi c’è chi vorrebbe arrestare il ribollire del vino nuovo del Vangelo. Ci sono moderni farisei, ancorati alle tradizioni, che non riconoscono la legge dell’amore: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”. (Giovanni 13,34). I farisei di oggi hanno l’anima spenta e, con il volto grigio, cercano sempre di raffreddare la fiamma dell’amore che arde nel cuore di chi continua a farsi voce per la Parola. Come quelli di ieri, i farisei di oggi sono persone sempre tristi, si credono perfetti e disprezzano gli altri. Si sentono autorizzati da Dio a giudicare. E a condannare.

I farisei di oggi sono persone che pongono continui freni all’entusiasmo di chi vorrebbe mettersi in gioco. Di chi non si arrende al “si è fatto sempre così”. Di chi propone soluzioni intelligenti che si scontrano con la chiusura mentale di chi continua a preferire il sapore stantio del vino vecchio senza riuscire a lasciarsi toccare dalla gioia di un Vangelo che rende liberi. Gesù non è venuto per chi si sente sicuro di sé, per quegli uomini saccenti, che sono sempre pronti a giudicare tutto e tutti. Persone che si ritengono autorizzate a decidere come gli altri si debbano comportare in ogni situazione. Persone così piene d’orgoglio che pensano di poter imporre la propria volontà perfino a Dio. No, Gesù è venuto in mezzo a noi per aiutare i più deboli, gli indifesi, gli ultimi, chi vive con la testa bassa, umiliato dal giogo dei prepotenti.

Sì, perché al cristiano non serve un codice di precetti limitativi, ma egli ha bisogno di Gesù Cristo, del suo amore, della sua generosità, della sua mitezza, del suo perdono. E Gesù, che risponde alla morte con la vita, al male col bene, al peccato col perdono, alla disperazione con la speranza, alla solitudine con la comunione, alla tristezza con la gioia, alla paura con la serenità, a liberarci dal giogo pesante imposto da un uomo che crede di essere Dio. Gesù, un Dio che vuole essere Uomo. Un pastore misericordioso, che non abbandona mai le sue creature.

#Santanotte amici, non permettiamo che il nostro cuore si indurisca, come quello dei farisei, ma lasciamoci sempre trasportare dalla brezza leggera dello Spirito Santo. Perché è quando il suo soffio incontra una vela disposta a lasciarsi investire, che avvengono miracoli!

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “Cristo fra i farisei”, del pittore fiammingo Jacob Jordaens, 1660, olio su tela, 140×212 cm, The Phoebus Foundation, Antwerp

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