No, Dio non è fatto per restare chiuso in una pisside dorata, ma per venire condiviso, spezzato, trasmesso, annunciato…
Il mio in(solito) commento a (Giovanni 14,21-26):
Dio non è una proprietà privata da custodire gelosamente, ma è pane da condividere, acqua per dissetare, vita che deve essere vissuta. Ce lo fa notare Santa Teresa di Lisieux: “Nostro Signore non scende dal cielo tutti i giorni per stare in una pisside d’oro. Si tratta di trovare un altro cielo che è infinitamente più amato da Lui, il cielo delle nostre anime, creato a sua immagine, i templi vivi dell’adorabile Trinità”. Alcuni di noi sono particolarmente contemplativi. C’è chi pianifica vacanze in antichi monasteri per cercare Dio nel silenzio. Conosco perfino una simpatica vecchietta, che conserva gelosamente in salotto una particola consacrata. L’aveva dimenticata un sacerdote durante una Messa celebrata nella sua casa privata. Attorno alla particola, protetta in una preziosa scatolina, questa signora ha costruito un vero e proprio altare riccamente decorato… Altri ritengono che Dio si debba cercare nel prossimo.
San Vincenzo De Paoli, ad esempio, era certo che Dio si nascondesse nelle persone che vivono in condizioni di difficoltà. Ecco che Dio lo dobbiamo cercare nelle strade, nei sobborghi, nel disagio e nella sofferenza.
Ma Dio è anche nella gioia, nella felicità. È una gioia missionaria quella sperimentata dai settantadue discepoli, al rientro dalla propria missione pieni di gioia (cfr Luca 10,17). Lo stesso Gesù, esulta di gioia (cfr Luca 10,21). Ed è la gioia il sentimento che guida i fedeli nell’ascolto dell predicazione degli Apostoli «ciascuno nella propria lingua» (Atti 2,6) a Pentecoste.
Dunque chi troverà Gesù? Chi si ritira nel silenzio? Chi conserva Gesù come un tesoro? Chi lo rincorre nei più poveri? O chi lo cerca nella gioia? L’importante è non conservare gelosamente Gesù per noi stessi, senza volerlo condividere con gli altri. E neppure la simpatica – ed un po’ eccentrica – vecchina, sebbene contravvenisse gravemente il Codice di Diritto Canonico, non teneva “quel” Gesù solo per lei, con la consapevolezza di commettere peccato. Ma lo mostrava a chiunque entrasse in casa sua, anzi, cercava pretesti per portare quanta più gente possibile in casa sua a parlare di Gesù. Anche quel Pane, “prigioniero” di un improbabile tabernacolo domestico, veniva spezzato con tutti i visitatori. E questa è la forza di Gesù: che non può essere rinchiuso, ma freme per venire condiviso, sempre e comunque. Gesù, fattosi Pane, si spezza per noi e, da oltre duemila anni, nutre la nostra fame d’infinito. Non bastò una pietra pesante per sigillare il Sepolcro. Non bastò inchiodare Cristo ad una Croce. Non bastò trafiggerlo con una lancia. Perché la potenza di Dio non si può arrestare davanti a nulla.
E allora riascoltiamo l’intelligente domanda di San Giuda (non il traditore, ma San Giuda Taddeo, fratello di Giacomo e Apostolo di Gesù): «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?». E la risposta del Figlio di Dio: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui». Non c’è un modo più giusto di un altro, per cercare Gesù, perché automaticamente, mentre ci accingiamo a cercarlo, ci rendiamo conto di avere fame e sete di Lui.
Quello che possiamo fare, per trovarlo prima, è accorgerci di essere “abitati” da Lui. Perché lo stesso Dio, che noi tanto cerchiamo, vive già dentro a ciascuno di noi, sia che siamo più o meno poveri, più o meno inclini ad inseguirlo nel silenzio, più o meno gelosi di custodirlo.
#Santanotte amici cari, lo Spirito Santo ci aiuti a non chiuderci in un Cenacolo per il timore e per le nostre debolezze, ma ci spinga fuori, dove potremo spezzare il Pane che è dentro di noi, con chi ancora sta cercando Dio e non se ne rende conto 🙂 🙂 🙂
Alessandro Ginotta
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