C’è un paradosso che sfida ogni logica: Dio è così grande che l’universo intero non riesce a contenerlo… eppure è così piccolo da farsi spazio nel tuo cuore.
Il mio in(solito) commento a:
Chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso (Mc 10,13-16)
Immagina un uomo immerso nei suoi pensieri, cammina sulla riva del mare con lo sguardo fisso sulle onde. È Sant’Agostino. Sta cercando di comprendere l’incomprensibile: il mistero della Trinità. Ma qualcosa attira la sua attenzione. Un bambino, poco più in là, raccoglie l’acqua del mare con una conchiglia e la versa in una buca scavata nella sabbia. «Che stai facendo?» gli chiede Agostino con un sorriso. «Voglio travasare il mare in questa buca» risponde il bambino con l’innocenza di chi sogna l’impossibile. Agostino scuote il capo: «Non ci riuscirai mai!». Ma il bambino, con uno sguardo profondo che sembra trapassargli l’anima, replica: «E tu pensi di riuscire a comprendere il Mistero di Dio con la tua piccola mente?». E in un soffio… sparisce.
Dio si rivela ai piccoli. Ai bambini, certo, con il loro stupore e la loro meraviglia. Ma anche a chi sa essere “piccolo” dentro: chi non si sente mai arrivato, chi sa dire “ho sbagliato”, chi ascolta più di quanto parli. Chi, invece di aggrapparsi a certezze granitiche, lascia spazio al dubbio, alla ricerca, alla fiducia.
Essere piccoli significa sapersi abbassare senza paura. Riconoscere che la mente da sola non basta, che a volte serve il cuore. Che davanti a Dio siamo sempre bambini, fragili, bisognosi di Lui.
Capire Dio? Impossibile. Ma fidarsi di Lui… questo sì, è alla nostra portata. Se mi segui da un po’, sai che amo portarti nei Vangeli con gli occhi della fantasia. Oggi ti prendo per mano e ti conduco su un monte spazzato dal vento: il Calvario.
Guarda il cielo: le nubi si addensano, nere, minacciose. Un tuono squarcia l’aria. La terra trema. Massi si staccano e rotolano giù, il mondo intero sembra trattenere il fiato in un unico, lancinante gemito. Ora volgi lo sguardo sotto la Croce. Maria è lì, le lacrime le solcano il viso. Accanto a lei, Maria di Cleofa, Maria di Magdala, Giovanni. Fissi su Gesù, immobili, incapaci di distogliere lo sguardo. Attorno a loro, soldati, scribi, farisei, gente comune. Spaventati, confusi, senza parole. Nessuno – proprio nessuno – capisce che questo non è la fine. Perché dopo la Croce… c’è la Risurrezione.
Ecco cos’è la fede. È credere, anche quando tutto sembra perduto, che una luce sta già squarciando il buio. È sapere che le tenebre possono durare un attimo, ma la vittoria è già stata scritta. Cristo l’ha conquistata per noi. Su quella Croce dove lo abbiamo inchiodato. Dietro quel masso dove lo abbiamo chiuso. E ci ha insegnato che, dopo la notte più scura, arriva sempre un’alba nuova.
Allora, se oggi il dolore ti confonde, se non riesci a capire il senso di tutto questo male, di queste guerre, di queste lacrime… siediti ai piedi della Croce. Guarda l’orizzonte con gli occhi puri di un bambino e aspetta. Perché la luce sta per arrivare.
E quella luce ha un nome: Gesù #Santanotte
Alessandro Ginotta

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