Ormai ti ho abituato agli scoop. Oggi ti parlerò di un dipinto che non è mai stato realizzato e che avrebbe potuto spiegare molte cose: da un lato la morte, dall’altra la Risurrezione…
Il mio decisamente (in)solito commento a:
Gesù Nazareno, il crocifisso, è risorto (Marco 16,1-7)
Le due opere che vedi nell’illustrazione sono entrambe di Andrea Mantegna. Il primo, un dipinto, è il famoso “Compianto su Cristo morto”, conservato alla Pinacoteca di Brera a Milano. Noto in tutto il mondo per la sua coraggiosa prospettiva, il quadro ha sorpreso esperti di varie discipline. Il secondo è un disegno a penna e inchiostro marrone. Si tratta di uno studio preparatorio per una tela che il Mantegna non arrivò mai a dipingere, intitolato: “Uomo che giace su una lastra di pietra”, 1475-1485. Ne conobbi l’esistenza quasi per caso, scavando tra gli archivi del British Museum di Londra. Hai notato come le due opere sembrano l’una il seguito dell’altra? Un istante dopo la Risurrezione, Gesù si alza dal tavolo su cui, il corpo esanime, era stato adagiato!
Eh già, se avessimo saputo leggere con attenzione le pennellate del Mantegna (nel “Compianto su Cristo morto”), avremmo compreso che i muscoli di Gesù sono tutt’altro che senza vita, ma estremamente tonici, come quelli di chi, da un momento all’altro, sta per alzarsi dalla posizione sdraiata. A ben guardare il dipinto, potremmo notare le braccia appoggiate come per “fare forza” e sostenere il busto, che già appare impercettibilmente ruotato verso la nostra destra, quasi pronto a sollevarsi. L’opera è celeberrima per il vertiginoso scorcio prospettico della figura di Cristo, che ha la particolarità di “seguire” lo spettatore che ne fissi i piedi scorrendo davanti al quadro stesso.
Ma c’è un altro messaggio: il volto. No, non è quello sofferente, di un uomo che ha appena subito atroci torture. Tutt’altro: è un viso sereno. Una faccia che ci trasmette un segnale preciso: «Non vi preoccupate, io ho vinto anche la morte». L’indizio, che si intuisce appena nel primo dipinto, si palesa inequivocabilmente nel disegno preparatorio di quella che sarebbe potuta diventare una seconda, straordinaria, opera d’arte.
Andrea Mantegna aveva pensato di tenere per sé i due dipinti che desiderava fossero posti affiancati sulla sua tomba, come per illustrare il percorso al quale ciascuno di noi va incontro: prima la morte, poi la risurrezione: una vita (vera) sotto un’altra forma. Sì perché la morte non è la fine di nulla, ma solo una trasformazione. Peccato che questa trasformazione abbia colto il pittore troppo presto.
Chi osserva “Uomo che giace su una lastra di pietra” (il disegno) e conosce il dipinto precedente non può non notare le similitudini. L’Uomo, che si appoggia con le mani sulla pietra, accenna una torsione del busto ed inizia a spostare una gamba proprio nell’atto di alzarsi. La testa inclinata come nel primo dipinto sembra ancora “addormentata”, come se si stesse svegliando: sta risorgendo!
Ecco come l’arte può essa stessa diventare narratrice del Vangelo, proprio come la Parola. Perché in ogni cosa permane un’eco della forza Creatrice impressa da Dio ed ogni nostra capacità, se usata a fin di bene, ne tramanda l’essenza. Proprio come noi, donne e uomini normali, che leggiamo questa pagina di san Marco, siamo chiamati a diventare pagine viventi di Vangelo, testimoniando con le nostre capacità, con la nostra stessa vita, la forza del buon seme che Dio ha posto nella parte più protetta della nostra anima: quel seme che germoglia ed alimenta la nostra speranza, la nostra fede, la nostra capacità di sperare anche quando tutto attorno a noi sembra volerci convincere del contrario.
Anche noi, come le tre pie donne, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salòme (hai notato che anche nel dipinto del Mantegna si scorgono tre figure?) dobbiamo superare le incertezze che ci portano a chiederci “Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?”. Perché in cuor nostro sappiamo già che non troveremo nessuna pietra. La nostra fede è capace di guardare oltre e vedere la luce del Risorto anche laddove tutti coloro che non credono in Dio non scorgono altro che il buio del sepolcro.
Anche noi, come le tre pie donne, siamo chiamati ad andare in Galilea (figurativamente parlando) e annunciare a tutti che Cristo è davvero Risorto! Dobbiamo saperlo raccontare, dire, ma soprattutto dobbiamo crederci.
Impariamo a guardare alla vita con lo stesso sguardo fiducioso di Andrea Mantegna, capace di immaginare già il momento della Risurrezione, senza porsi domande, senza cadere in preda ai dubbi. Perché dove c’è la fede, è là che avvengono i più eclatanti tra i miracoli. Bisogna osare. Bisogna credere. E questo è il mio augurio per te: che il tuo domani sia pieno di coraggio e di speranza. Buona Pasqua! #Santanotte
Alessandro Ginotta
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