Vai al contenuto

Gesù aveva fratelli?

Gesù aveva fratelli?

Potresti leggere questo brano come un semplice articolo di gossip, ma ti perderesti il vero punto!

Il mio in(solito) commento a:
“Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (Luca 8,19-21).

Ecco un Gesù che ci scombussola un po’. Chi sono davvero i suoi fratelli? Non è così semplice come sembra, e forse, persino la domanda non è proprio quella che pensi.

Nei Vangeli di Marco e Matteo vengono menzionati quattro fratelli: Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda, e un certo numero di sorelle. Anche Giovanni parla genericamente di fratelli. Affermazioni che hanno fatto alzare molte sopracciglia tra teologi e studiosi per secoli. E qui ti metto di fronte a un bivio. No, anzi, a un trivio. Puoi: 1) accontentarti della risposta “comoda” che tranquillizza tutti; 2) approfondire la questione e consultare i testi che ti segnalerò; oppure 3) andare oltre e scoprire che, in fondo, né la risposta né la domanda ti interessano più di tanto.

Partiamo dalla prima opzione, quella tranquilla. Se ti chiedi chi fossero i fratelli di Gesù, la maggior parte degli studiosi ti dirà che il termine “fratello” nell’antico ebraico è piuttosto vago e può indicare non solo i fratelli di sangue, ma anche cugini o parenti stretti. Così, ecco che Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda (non l’Iscariota, ma Giuda Taddeo) potrebbero essere stati cugini di Gesù. Alcuni testi successivi sembrano confermare questa ipotesi, dicendo che Giuda Taddeo era figlio di Alfeo, fratello di San Giuseppe. Facile, no? Così tutti possono respirare di sollievo: la verginità di Maria è salva e l’idea che San Giuseppe possa aver avuto altri figli da un precedente matrimonio è elegantemente evitata.

Ma ora passiamo al lato piccante, quello da gossip. In alcuni Vangeli apocrifi, San Giuseppe viene presentato come un vedovo con figli. Se ti interessa il pettegolezzo storico, puoi dare un’occhiata al Protovangelo di Giacomo o alla Storia di Giuseppe il falegname, un testo in lingua copta che racconta di quattro figli e due figlie avuti da un primo matrimonio prima che la moglie morisse.

Poi c’è l’ultima ipotesi, quella che potrebbe sorprenderti di più: non ci importa davvero chi fossero i fratelli di Gesù, perché in realtà, siamo tutti suoi fratelli e sorelle! Ricordi cosa disse a Pietro? “Chiunque ha lasciato casa, fratelli, sorelle, padre, madre, figli o campi per me, riceverà cento volte tanto, ora e in futuro” (Marco 10,29-30).

Gesù non toglie nulla, anzi! Quando ci chiede di rinunciare a qualcosa, è solo perché ha in serbo qualcosa di molto più grande per noi. Vuoi capirlo meglio? Facciamo un passo indietro. Ricordi Abramo? Dio gli chiese di sacrificare il suo unico figlio, Isacco, ma poi lo fermò, benedicendo la sua discendenza, che sarebbe diventata numerosa come le stelle del cielo (Genesi 22,1-18). Da quel gesto di fede nacque il popolo di Dio.

Ed è esattamente questo che ci chiede Gesù oggi: uscire dagli schemi. Sì, potrebbe sembrarti che ti chieda di lasciare qualcosa, ma in realtà ti offre un mondo intero. Ci invita a uscire dalle nostre piccole, vuote esistenze, a scuoterci dall’apatia che ci paralizza. Ci chiama e ci dice: “Forza, seguimi! Non hai nulla da perdere, ma tutto da guadagnare! Alzati dal divano, metti in gioco te stesso, scendi in strada: c’è un mondo che ha bisogno di te!”.

Gesù ci chiama a prenderci cura di chi soffre, di chi è solo, di chi ha fame. È un appello diretto, personale, e riguarda te. Il mondo ha bisogno di te. Gesù ha bisogno di te.

Tutto ciò ha molto più senso se lo accostiamo alla parabola del buon samaritano. Alla fine della storia, Gesù chiede: “Chi è stato il prossimo dell’uomo derubato?”. La risposta? “Chi ha avuto compassione di lui”. E Gesù conclude con: “Va’ e anche tu fai lo stesso”. Non importa chi sia la persona bisognosa, non importa se la conosciamo o meno: siamo tutti fratelli e sorelle, perché siamo tutti figli di Dio.

Ora, #Santanotte e riflettici bene!

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “Christus Remunerator”, di Ary Scheffer, 1847, olio su tela, 62.5×84 cm, Centraal Museum, Utrecht

Sostieni labuonaparola.it


Se ti piace questo blog sostienilo. La tua donazione mi aiuterà a continuare a creare contenuti di qualità.

Ogni contributo, grande o piccolo, fa la differenza. Grazie per il tuo sostegno!


Scopri di più da La buona Parola

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

Scopri di più da La buona Parola

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continua a leggere