Quanta umanità mostra Gesù, piangendo per un uomo che lo rinnega! Certo che Dio ci sorprende sempre. L’uomo attendeva un Dio vendicatore, pronto a sguainare la spada e trafiggere con la lama i “cattivi” salvando i buoni. Invece ha conosciuto un Dio compassionevole ed amorevole, che sceglie di farsi vicino, di abitare l’umano fino in fondo, di commuovendosi nel profondo davanti al male che l’uomo si infligge e gli infligge
Il mio in(solito) commento a:
Se avessi compreso quello che porta alla pace! (Luca 19,41-44)
Le pagine dei Vangeli per tre volte si bagnano delle lacrime di Cristo: alla morte di Lazzaro, nel Getsemani e pensando alla rovina di Gerusalemme. La città santa per eccellenza, dove le tre religioni monoteiste ritrovano le proprie origini e le proprie verità, intrecciandosi in una sovrapposizione di spazi unica in tutto il mondo. Ad esempio, l’edificio del Cenacolo è conteso tra cristiani (qui Cristo istituì l’Eucarestia), ebrei (la tomba del re Davide sorge al piano inferiore) e musulmani (che ne fecero una moschea per centinaia di anni). Proprio la Terra Santa contesa e devastata, la cui storia affonda nel passato più antico dell’umanità, ancora oggi è prigioniera dell’odio degli uomini: «io adunerò tutte le nazioni, e le farò scendere nella valle di Giosafat. Là le chiamerò in giudizio a proposito della mia eredità, il popolo d’Israele, che esse hanno disperso tra le nazioni, e del mio paese, che hanno spartito fra di loro» (Gioele 3,2).
Ma il Vangelo ci insegna che Gesù piange sempre per amore. L’amore verso gli amici, l’amore che prova per i discepoli e l’amore che nutre per tutti noi. Scorrendo all’indietro le pagine della Bibbia scopriamo come infinite volte Dio abbia dichiarato il proprio amore a Gerusalemme, al suo popolo ed all’umanità intera e come, altrettante volte, un’umanità caparbia, gli abbia voltato le spalle. Lui ci aiuta, si intenerisce per noi, ci sfama, ci guarisce, ci perdona, ci consola. Noi lo preghiamo nel momento del bisogno e poi, come i nove lebbrosi della parabola, una volta guariti, torniamo sulla nostra strada, senza neppure voltarci per ringraziarlo.
Ma Dio non rinuncerà di amare un’umanità ingrata. Lo scopriamo fin dai primi istanti dalla Creazione: Adamo ed Eva si accorsero di essere nudi (Genesi 3,7) dopo aver mangiato il frutto dell’albero proibito. Che cosa fece Dio? Tutti noi ricordiamo la cacciata dal Paradiso terrestre. Ma Dio compì un gesto molto significativo prima di allontanare i nostri progenitori dal giardino dell’Eden: “Il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì” (Genesi 3,21). Non li lasciò soli, ma cucì due abiti sì per proteggerli dal freddo, anche per tutelare la loro dignità.
Eccolo, l’amore di un Dio che si preoccupa e piange per noi, anche quando meno ce lo meritiamo. E’ un genitore amorevole, sempre attento ai nostri bisogni, sempre vicino alle nostre necessità. Un Padre che veglia sui nostri sogni e desidera per noi il migliore futuro possibile. Peccato che, troppo spesso, il nostro atteggiamento di figli sia simile a quello di un adolescente ribelle.
Quanta umanità mostra Gesù, piangendo per un uomo che lo rinnega! Certo che Dio ci sorprende sempre. L’uomo attendeva un Dio vendicatore, pronto a sguainare la spada e trafiggere con la lama i “cattivi” salvando i buoni. Invece ha conosciuto un Dio compassionevole ed amorevole, che sceglie di farsi vicino, di abitare l’umano fino in fondo, di commuovendosi nel profondo davanti al male che l’uomo si infligge e gli infligge.
E la a risposta è tutta qui: questa è la via della pace che ancora non abbiamo compreso. È l’amore, la commozione, la vicinanza, l’empatia, la voglia di prendersi cura ad ogni costo anche di chi rifugge, di chi rinnega. È il desiderio di restare vicino perfino a chi, di propria volontà, si allontana. Lo capiremo mai? #Santanotte
Alessandro Ginotta
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