Perché Dio è così: non sa resistere a compiere il bene. Non può evitare di spalancarci i cancelli del cielo e non si darà pace se anche solo uno di noi sceglierà di allontanarsi, di non seguirlo. Allora sarà Lui stesso ad inseguirci, a venirci a cercare in mezzo al deserto, dimenticando tutto e tutti. Perché per Lui conta solo il grido di chi ha veramente bisogno.
lI mio in(solito) commento a:
Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato? (Luca 14,1-6)
Certo che questi farisei, insieme ai dottori della legge, non potevano proprio darsi pace: lo inseguivano in un campo di grano (cfr. Matteo 12,1-8), gli tendevano tranelli in sinagoga (cfr. Matteo 12,10-14), gli ponevano domande a trabocchetto (cfr. Matteo 22,34-40) lo invitavano più volte a cena per coglierlo in contraddizione (cfr. Luca 7,36-50). Oggi però sarà Gesù a mettere in difficoltà loro: “Un sabato si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo” (v.1). Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito o no guarire di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò. Poi disse loro: «Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?». E non potevano rispondere nulla a queste parole (vv. 4-6).
Non potevano rispondere, messi davanti all’evidenza. Sì, perché quando una persona soffre, non esiste sabato. Questo Gesù lo sa bene. E, in cuor loro, lo sanno anche farisei e dottori della Legge, anche se il loro orgoglio li rende muti.
Ma chi erano i farisei? Il termine fariseo deriva dal’ebraico pārûsh, che significa “distinto”, “separato”. Un gruppo politico-religioso che, ai tempi di Gesù, godeva di ampia importanza e molto potere. In realtà i farisei tendevano a vedersi un gradino sopra le altre persone, e credevano di poter sempre sentenziare su tutto e su tutti: “Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano” (Luca 18, 9-14). I farisei, poi, si attribuivano autorità mosaica nell’interpretare la Legge. Ma l’eccessiva sicurezza della propria innocenza, specialmente quando ha, come risvolto pratico, un atteggiamento giudicante e intollerante verso il prossimo e verso i suoi errori, è qualcosa che a Gesù proprio non piace.
«Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori» (Giovanni 2,17). Gesù lo dice chiaramente. Dio non è un giudice severo venuto per separare i buoni dai cattivi per poi gettare questi ultimi, inesorabilmente, nel fuoco dell’inferno. Gesù è disceso dal cielo e si è fatto uomo per essere più vicino agli uomini, per camminare in mezzo a noi, per soffrire con noi, per aiutarci a diventare persone migliori. Per questo banchetta con peccatori e pubblicani, per questo incontra truffatori come Zaccheo e peccatrici come la samaritana. Per tirare fuori il meglio di noi. Per aiutarci a crescere. Per tirarci fuori dai guai.
No, un Dio così non separa i buoni dai cattivi per premiare questi e punire quelli, ma cerca, con tutto il suo amore, di insegnare a chi sbaglia che davvero ha sbagliato. Per indicargli qual è la strada per redimersi, per migliorarsi, per riscattarsi, per guadagnare il paradiso, come fece san Disma, il buon ladrone, crocifisso accanto a Gesù.
Dio prende chi sbaglia per dargli una seconda, ed anche una terza… possibilità. Non certo per condannarlo prima del tempo.
E tutto questo non può piacere ai farisei. Anzi, loro non lo capiscono proprio. Perché si ritengono superiori. Ma l’illusione di possedere la verità talvolta attribuisce all’uomo un’arroganza illimitata, gli sottrae la lucidità di valutare le situazioni e la capacità di comprendere. Ecco che i farisei, che dovrebbero essere uomini di fede, perché sono abili conoscitori delle Scritture, si trasformano nei peggiori mostri della terra, capaci addirittura di condannare a morte il Figlio di Dio. I farisei si arrogano il diritto di dare ordini a Gesù. Non solo. Addirittura pretendono di decidere che cosa sia lecito che il Figlio di Dio faccia e quando.
Ma il sabato è il trionfo dell’amore! E l’amore non si può fermare. Ecco perché, amici cari, un ammalato non si può lasciar soffrire, neppure se è sabato. Perché Dio è così: non sa resistere a compiere il bene. Non può evitare di spalancarci i cancelli del cielo e non si darà pace se anche solo uno di noi sceglierà di allontanarsi, di non seguirlo. Allora sarà Lui stesso ad inseguirci, a venirci a cercare in mezzo al deserto, dimenticando tutto e tutti. Perché per Lui conta solo il grido di chi ha veramente bisogno.
#Santanotte amici, chiediamo a Dio di entrare nelle nostre case, di venire nei nostri cuori e di guarirci da ogni male, fisico e spirituale. Non saremo più farisei, ma uomini salvati!
Alessandro Ginotta
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