Oggi voglio parlarti di un miracolo che si compie senza che ci sia un incontro fisico tra chi guarisce e chi è guarito. Ti suona strano? Lascia che ti spieghi.
Il mio in(solito) commento a:
Neanche in Israele ho trovato una fede così grande (Luca 7,1-10)
Gesù, mentre entra a Cafarnao, si imbatte in un gruppo di anziani giudei. Lo implorano di andare da un centurione romano perché il suo servo è gravemente malato. Ma ecco che il centurione manda un messaggio sorprendente: «Signore, non disturbarti! Non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo non ho avuto il coraggio di venire da te. Ma basta che tu dica una parola, e il mio servo sarà guarito» (Luca 7,6-7). Queste parole ti suonano familiari? Le ripetiamo ogni volta che partecipiamo alla Messa, poco prima di ricevere l’Eucaristia: “O Signore, io non son degno di partecipare alla Tua mensa, ma dì soltanto una parola ed io sarò salvato“.
Il centurione, uomo d’azione e di comando, aggiunge: «Anch’io do ordini ai miei soldati e loro mi obbediscono. Dico a uno: “Vai”, e va; all’altro: “Vieni”, e viene. E se ordino al mio servo di fare qualcosa, lui lo fa». Quando Gesù sente queste parole, rimane stupefatto e dice alla folla: «Vi assicuro che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!» (Luca 7,8-10). E, senza che Gesù metta piede in quella casa, il servo viene guarito.
Sì, è un miracolo “a distanza”. Non un incontro fisico, ma un atto di fede così potente da richiamare l’attenzione di Gesù. Un episodio che sembra distante, meno conosciuto rispetto ad altri miracoli, eppure lo ripetiamo a ogni Messa. Perché? Perché ci insegna una lezione fondamentale: il centurione ci insegna che una preghiera, quando sgorga sincera dalla nostra anima, è già a un passo dal cuore di Dio. Non ci serve altro, solo la fede.
Ecco come dovremmo accogliere Gesù nel nostro cuore. Nessuno di noi è “degno”, è vero. Ma a Dio non interessa. Ci ama per il solo fatto che siamo qui. E non importa se siamo stati come Zaccheo, San Paolo o il buon ladrone. Qualsiasi peccato abbiamo commesso, qualsiasi distanza ci sia tra noi e Lui, Dio è sempre pronto a colmarla. Lui vuole il nostro bene, sempre.
C’è una sola condizione: dobbiamo crederci. Gesù ci chiede di non mollare, di non lasciarci andare allo scoraggiamento. Di avere fede, anche quando sembra tutto perduto, di insistere nella preghiera, come quella vedova ostinata che non smette di importunare il giudice (Lc 18,1-8).
L’incredulità ci sta spegnendo, e con essa la mancanza di fede. A noi, che abbiamo il desiderio di credere, Gesù chiede di rompere le nostre gabbie mentali, di smettere di fare calcoli, di lasciar perdere la fredda ragione. Ci invita a puntare lo sguardo verso il cielo, a vedere l’immensità di Dio. E poi ci sfida a trasformare ogni nostro pensiero in preghiera.
Non resta che crederci. #Santanotte
Alessandro Ginotta
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