Simeone e Anna, un uomo ed una donna entrambi anziani con il grande privilegio di poter stringere tra le loro braccia il Bambin Gesù pochi giorni dopo la sua nascita. Da qualche giorno la Liturgia ci ripropone versetti che raccontano questo incontro. Ma Simeone e Anna sono persone davvero speciali, vediamo perché
Il mio in(solito) commento a:
Il bambino cresceva, pieno di sapienza (Luca 2,22-40)
Due profeti: Simeone e Anna. Hanno trascorso la loro vita nel tempio in attesa di questo istante: un solo momento in cui poter tenere il Messia tra le loro braccia. Sapevano che sarebbe accaduto qualcosa, lo avevano “visto” con gli occhi delle loro anime. Perché profeta è colui che vede lontano, usando gli occhi di Dio.
Il termine profeta deriva dal greco: pro-phemi, “parlare al posto di”, cioè colui che parla in nome di Dio. Ma esiste un vocabolo ancora più antico in uso nella lingua ebraica, che è: nabi, “chiamato”, “inviato”. Ecco che il profeta è una persona chiamata da Dio per parlare in suo nome. Dunque, non è un “indovino” che prevede il futuro, né un “mago”, ma è uno strumento di Dio: un uomo comune che presta la voce al Signore.
Anna e Simeone “vedevano” come vede un profeta: Dio stesso aveva rivelato loro che sarebbe accaduto qualcosa di importante, di unico al mondo. Non sapevano esattamente di cosa si trattasse, ma erano certi, nella loro fede granitica, che sarebbe valsa la pena di dedicare l’intera loro vita all’attesa di quel momento: all’attesa del loro incontro con Dio. E la loro fede (fiducia) non è stata tradita. Perché Dio non tradisce mai una promessa.
La stessa promessa l’ha fatta a te, che leggi le parole di questa riflessione: vale davvero la pena di costruire la nostra vita sull’attesa dell’incontro con Dio. Perché quella è la destinazione ultima delle nostre esistenze: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via» (Giovanni 14,1-4). Non è importante quanto avviene nel nostro mondo, dove tutto è polvere: «Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finchè tornerai alla terra, perchè da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!» (Genesi 3,19). Ricordati che polvere eri e polvere tornerai.
Ricordiamo sempre che Dio creò Adamo dal fango: “Dio formò l’uomo dal fango della terra, gli insufflò nelle narici un alito di vita e l’uomo divenne anima vivente” (Genesi 2,7). E sta proprio qui la chiave di tutto: l’uomo, senza Dio, è solo un agglomerato di polvere. Elementi chimici senz’anima. A fare la differenza è proprio quel soffio vitale che accende la nostra anima. Non dimenticare che la parola anima deriva dal greco “ànemos”, che significa soffio. Quel respiro che Dio ha soffiato dentro di noi nell’istante in cui ci diede la vita.
Ecco la grande dualità dell’uomo: da un lato essere materiale, immanente, attratto dal mondo, dalla ricchezza, dal potere, dal successo ad ogni costo. Dall’altro lato l’anima, trascendente, la parte rivolta a Dio. Un lato che ci spinge verso l’alto a cercare Dio per riunirci a Lui. Ed un lato che ci trattiene verso il basso, in quel mondo che ci distrae dalla nostra ricerca con le sirene del peccato. Ma la tua anima in questo momento ti sta spingendo a leggere queste righe. In qualche modo stai agendo come un profeta: vedi attraverso gli occhi di Dio. È proprio la tua anima, a farti provare quella voglia di assoluto, quel desiderio di elevarti per cercare Dio, che fa sì che oggi, in questo momento, tu stia leggendo queste parole.
Come un profeta, la tua anima ti spinge a guardare oltre il confine del mondo, là dove il finito si fonde con l’infinito, là dove trascendente ed immanente si toccano, per cercare di sollevare un lembo di quel velo che ci impedisce di vedere chiaramente Dio. Sì, perché Anna e Simeone erano profeti, ma rappresentavano anche l’intera umanità: l’umanità alla ricerca del proprio Dio. L’umanità mossa dalla sete di infinito. Dalla sete di Dio.
Dio chiede anche a te di diventare profeta: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura» (Marco 16,15). È il compito che Gesù assegna a ciascuno di noi. Sì, Cristo chiama tutti noi ad essere profeti: il profeta è colui che prega, ascolta Dio, vive la sua Parola e la mette in pratica, conformando la propria vita agli insegnamenti del Vangelo, per diventarne egli stesso una pagina vivente. Il profeta guarda la sua gente, sente dolore quando il popolo sbaglia, ma non lo giudica. Si limita a spalancare le porte guardando l’orizzonte della speranza e rinnova, nel cuore di chi lo ascolta, l’immagine di quel Dio che ci ha Creati, amati e resi liberi. Perché noi, liberamente lo possiamo amare. Sii profeta anche tu! #Santanotte
Alessandro Ginotta
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