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Il peccato più grave del mondo

Il peccato più grave del mondo

Se ti chiedessi qual è il peccato più grave del mondo, cosa risponderesti? L’omicidio? Una strage? O forse la negazione di Dio? E se ti dicessi che non è nessuno di questi? Non parliamo nemmeno di furto, truffa, orgoglio o invidia. Allora qual è questo peccato terribile che dovremmo assolutamente evitare?

Te lo svelo in questo mio (in)solito commento su Luca 11, 47-54:
“Sarà chiesto conto del sangue di tutti i profeti: dal sangue di Abele fino a quello di Zaccarìa.”

Il peccato più grave è rubare la speranza. Lo dice Gesù ai farisei con una severità che non lascia spazio a dubbi: “Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare lo avete impedito” (v. 52). Gesù è furioso con chi, pur conoscendo la Scrittura, ha distorto il suo significato per piegarlo ai propri interessi. Questi maestri della legge hanno creato regole assurde, impossibili da rispettare, solo per sentirsi superiori, guardando dall’alto in basso chi cercava di seguirle.

Hanno deciso chi è degno e chi no, chi può accedere a un rito e chi deve restare fuori. E così facendo, hanno tolto la “chiave della conoscenza” a chi si fidava di loro. Hanno rubato la possibilità di salvezza. E quel furto ha avuto un prezzo altissimo: “voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare lo avete impedito” (v. 52). Rubare la speranza è molto peggio che rubare del denaro. Lo sa bene San Disma, il buon ladrone. Dopo una vita di crimini, un attimo prima della fine si apre a un guizzo d’amore e si converte. E Dio lo accoglie in Paradiso. Perché Dio non è un giudice spietato, ma un Padre innamorato, sempre pronto a perdonare, a riaprire la porta di casa, a festeggiare ogni figlio che torna da lui.

I farisei, invece, hanno commesso un peccato gravissimo: hanno saputo e voluto sbagliare. Nessuno conosceva la Legge meglio di loro. Nessuno avrebbe potuto guidare il popolo con maggiore sapienza. Eppure, hanno preferito sfruttare quella conoscenza per creare confusione, piegare le parole di Dio ai propri scopi, e ostacolare chi cercava la verità.

Codificare ogni azione, ponderare ogni gesto… Se dietro ogni atto si nasconde una minaccia, se le regole non vengono da Dio ma servono a mantenere il potere, allora sì, si compie il peccato più grande. Non l’omicidio, ma l’assassinio della libertà. Quella libertà che dovrebbe volare alto sulle ali dello Spirito, con il sapore della vita e della gioia, il colore dell’azzurro del cielo, il suono di una risata felice. Libertà che ha occhi pieni di speranza e sogni di futuro. Ecco cosa hanno rubato i farisei.

La loro coscienza? Addormentata. Il loro cuore? Privo d’amore. Da lì, il male ha trovato terreno fertile: “Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie” (vv. 53-54). Ma noi non siamo così, vero?

Gesù ci insegna che la reazione giusta, quando vediamo qualcuno sbagliare, non è quella di condannare e allontanare, ma di avvicinarsi con amore e comprensione, cercando di riportarlo sulla retta via. Perché solo l’amore autentico può sconfiggere il male. #Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “Il discorso della montagna”, di Edward Jakob von Steinle, 1839, olio su tela, 55 x 58.5 cm, collezione privata

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