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Il perdono guarda avanti, il rancore ti incatena al passato

Il perdono guarda avanti, il rancore ti incatena al passato

Il perdono è un ponte che guarda avanti, verso il domani. Il rancore? Ti incatena al passato!

Il mio (in)solito commento a:
“Va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello” (Matteo 5,20-26)

Siamo onesti: possiamo chiedere miracoli a Dio, invocare il suo aiuto nei momenti difficili… ma se poi siamo noi i primi a ignorare il suo più grande comandamento – l’amore – a che serve? “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mc 12,29-31) non è un consiglio, è la chiave di tutto. Senza amore, il resto crolla. Lo dice anche San Paolo: “L’amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l’amore” (Romani 13,8-10).

E allora fermati un attimo. Hai mai avuto paura del buio? Ma cos’è, esattamente, l’oscurità? È un vuoto, un’assenza di luce. Ed è proprio nel vuoto che attecchiscono le nostre paure. Quando manca la luce, ci manca la sicurezza, vediamo ombre dappertutto, il pericolo si fa più grande. Il male funziona allo stesso modo: è l’assenza di bene. È la mancanza di Dio. “Dio disse: ‘Sia la luce!’ e la luce fu” (Genesi 1,3).

Fin dall’inizio dei tempi, la storia dell’umanità è un combattimento tra luce e tenebre. Lo racconta Isaia: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce” (Isaia 9,1). Lo ribadisce San Giovanni: “La luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Giovanni 1,9). E si chiude l’Apocalisse con la promessa: “Non vi sarà più notte […] perché il Signore Dio li illuminerà” (Apocalisse 22,5).

Ma fino a quel giorno, sta a noi portare la luce. Sta a noi riempire il vuoto prima che lo faccia qualcun altro con il male. Sta a noi scegliere il bene, tendere la mano, perdonare. Perché è il perdono che fa spazio a Dio nel nostro cuore. Senza riconciliazione, persino la preghiera si svuota: “Se dunque presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì il tuo dono, va’ prima a riconciliarti con lui e poi torna a offrirlo” (Matteo 5,23-24).

Davanti a un’offesa abbiamo due strade: la vendetta o il perdono. La prima è un’illusione: pensiamo di guarire una ferita provocandone un’altra, ma il male non è mai una medicina. Così, alla fine, ci ritroviamo con due ferite anziché una. “Occhio per occhio? Se fosse applicata questa legge, il mondo sarebbe cieco” (Kahlil Gibran).

E allora non resta che la strada più difficile… ma l’unica vera via d’uscita: il perdono.

Perdonare non significa dare ragione a chi ci ha ferito. Significa liberarci.
Significa spezzare quelle catene che ci imprigionano al passato, sciogliere i nodi dell’anima, lasciare andare il dolore. L’etimologia greca di aphíemi ce lo dice chiaramente: perdonare significa lasciare andare. E quando lo facciamo, siamo noi i primi a respirare.

Lo so, è dura. A volte sembra impossibile. Ma dove non arriviamo noi, arriva Lui. Dove il nostro cuore è troppo piccolo, Dio può colmare il vuoto con il suo amore. E quello che ci manca, Lui lo metterà di tasca sua.

Scegli di essere luce. Scegli di perdonare. Perché solo chi guarda avanti può davvero camminare #Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “Gesù Buon Pastore” di Cristóbal García Salmerón, olio su tela, 17° secolo, 141x107cm, Museo del Prado, Madrid

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