Vai al contenuto

Il sabato… e il trionfo dell’amore

Il sabato... e il trionfo dell'amore

Gesù attraversa un campo di grano con i suoi apostoli. Hanno fame, sono stanchi. Decidono di raccogliere qualche spiga per sfamarsi. Ma i farisei li fermano, invocando una regola assurda: il sabato. Così, l’uomo che “crede” di essere Dio vuole fermare Gesù, il Dio che “vuole” essere Uomo.

Il mio (in)solito commento a:
Il Figlio dell’uomo è signore del sabato (Matteo 12,1-8)

“Il Signore disse a Mosè: Sali verso di me sul monte e rimani lassù: io ti darò le tavole di pietra, la legge e i comandamenti che io ho scritto per istruirli” (Esodo 24,12). Dio consegnò a Mosè le tavole della legge. Dieci comandamenti. Ma l’uomo è complicato. Il serpente poi sussurra sempre al suo orecchio, cavilla, divide, confonde… così l’uomo, incapace di mettere in pratica i Dieci Comandamenti, pretese di sostituirsi a Dio e tentò di interpretarli. Gli uomini di Dio fecero del loro meglio, ma nella confusione generale nacquero oltre 600 precetti, difficili da ricordare, complicati da rispettare.

Il Terzo Comandamento del Decalogo ricorda la santità del sabato: «Il settimo giorno vi sarà riposo assoluto, sacro al Signore» (Es 31,15). In queste parole si percepisce una eco della Creazione: «Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro» (Esodo 20,11). Che cosa ci sta chiedendo Dio? Come Dio «cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro» (Genesi 2,2), così anche la vita dell’uomo è ritmata dal lavoro e dal riposo. Il riposo serve a tutti noi per meditare, pensare, per sentirci liberi dalla schiavitù del lavoro, perché i datori di lavoro, i potenti, i padroni, permettano anche a contadini, lavoratori e schiavi di avere un giorno libero per coltivare non solo gli affetti, ma soprattutto il sentimento più importante: l’amore per Dio. Con questo comandamento Dio offre all’uomo la possibilità di lasciargli spazio nel proprio tempo, cioè nella propria vita, e ci invita a rendere sacro questo tempo.

Alla luce di questo ragionamento ci appare chiaro perché Gesù dice: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato» (Marco 2,27-28). E, se il sabato è stato fatto per l’uomo, per consentire il giusto riposo e per permettere all’uomo, libero dagli altri impegni, di godere della vicinanza di Dio nella preghiera e nel cuore, allora è davvero stato pensato da Dio come aiuto e sostegno all’uomo. Un modo per esserci vicino. Un modo per essere presente nelle nostre vite. E, perché no, un modo per essere presente in amici e parenti che siamo liberi di frequentare nel nostro giorno di riposo, proprio perché siamo liberi dal lavoro e dalle altre fatiche.

Questo Gesù che un sabato si mette a raccogliere spighe nei campi (cfr. Luca 5,33-39), un altro sabato guarisce un uomo con la mano paralizzata (cfr. Luca 6,6-11), di sabato libera una donna dal demonio (cfr. Luca 13,10-17) e, di sabato, si inoltra in un campo di grano per raccogliere qualche spiga per sé e per i suoi discepoli affamati (cfr. Matteo 12,1-8), sembra proprio aver deciso di fare arrabbiare i farisei, sostenitori di una Legge, tanto antica quanto incompresa, la cui applicazione rigida finisce per mettere in difficoltà l’uomo anziché agevolarlo.

Ora che abbiamo le idee più chiare, proviamo un istante a riflettere: ma è possibile che Dio ci chieda di soffrire (e far soffrire) la fame, solo perché il calendario ci ricorda che è sabato? Può Dio desiderare il male di un uomo? Può Dio desiderare che un paralitico sia condannato a non utilizzare la sua mano destra soltanto perché l’incontro con Gesù avviene in giorno di sabato? Può Dio desiderare che, proprio in nome di quella religione che dovrebbe rappresentare amore per ogni uomo, alcune persone vengano escluse dai sacramenti, o venga impedito loro di guarire, o di ricevere grazie particolari? Ovviamente no!

Gesù ci sorprende sempre, mette in crisi le nostre idee, porta subbuglio nelle nostre vite. Ecco allora che il vino diventa di nuovo metafora di cambiamento. I vecchi precetti, la rigidità di riti e preghiere, i sacrifici, con Gesù non hanno più senso. Tutte queste cose rappresentano il vino vecchio che ormai si conserva in otri sgualciti. Gli otri nuovi invece sono pieni della Parola di Gesù, quella che trasforma le mille regole dei farisei in parole semplici, che profumano d’amore: “Ama il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la tua mente. Ama il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti” (cfr. Matteo 22,37-40). D’un tratto la complessità delle antiche leggi diventa una semplicità spumeggiante. Così, a scribi e farisei, non resta che fare leva sull’abitudine, sull’inerzia al cambiamento innata in quella parte di popolazione che continua a preferire il vino vecchio. Persone che sono rimaste schiave della Legge, senza lasciarsi toccare dalla gioia di un Vangelo che rende liberi.

Diffidiamo sempre da una fede che limita, da una fede che castiga sempre e non incoraggia mai, da una fede che impone e non propone. Questa fede, cari amici, non può che essere inquinata. Il volere di Dio non può essere quello di sottrarre benessere od opportunità all’uomo. Quando le regole diventano più importanti delle persone allora quelle regole non danno più gloria a Dio. E ogni volta che “il sabato” diventerà più importante della sofferenza anche di un solo ammalato, allora quello stesso giorno non sarà più sacro a Dio. Perché, amici cari: il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!

Perché il sabato è il trionfo dell’amore! E l’amore non si può fermare. Dio è così: non sa resistere a compiere il bene. Non può evitare di spalancarci i cancelli del cielo e non si darà pace se anche solo uno di noi sceglierà di allontanarsi, di non seguirlo. Allora sarà Lui stesso ad inseguirci, a venirci a cercare in mezzo al deserto, dimenticando tutto e tutti. Perché per Lui conta solo il grido di chi ha veramente bisogno.

#Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “Cristo benedicente” di Giovanni Bellini, 1450, olio su tavola, 58×46 cm, Museo del Louvre, Parigi

Sostieni labuonaparola.it


Se ti piace questo blog sostienilo. La tua donazione mi aiuterà a continuare a creare contenuti di qualità.

Ogni contributo, grande o piccolo, fa la differenza. Grazie per il tuo sostegno!


Vuoi ricevere i commenti di La buona Parola nella tua e-mail?

Iscriviti alla newsletter: è gratis e potrai cancellarti in ogni momento!

Vuoi ricevere i commenti di La buona Parola nella tua e-mail?

Iscriviti alla newsletter è gratis e potrai cancallarti in ogni momento!

Continua a leggere