Quanto vale davvero un talento? Il talento innato, quello che ci rende unici, non ha prezzo. Ma al tempo di Gesù, il “talento” era anche una vera e propria unità di misura. E preparati a stupirti: il suo valore è sorprendente!
Ecco il mio (in)solito commento a:
Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone (Mt 25,14-30)
Nella parabola dei talenti, Gesù ci provoca. La Liturgia ci propone due versioni: quella di Matteo (Matteo 25,14-30) e quella di Luca (Luca 19,11-28). Luca parla di “mine”, Matteo di “talenti”. Ma qual è il loro valore? Una mina equivaleva a circa 30 kg, un talento a poco più di mezzo chilo, probabilmente d’argento. E se convertissimo questi pesi in denaro? Un talento d’argento oggi varrebbe oltre 22 mila euro. Una cifra che, ai tempi, poteva stordire chiunque.
Ora pensa a quanto vale la più piccola delle nostre capacità! Una cifra da capogiro, ma per Gesù, il valore di un talento non si misura in argento o oro. La nostra vita è senza prezzo.
A volte, guardo mia figlia e penso: “Non rinuncerei a un suo sorriso per tutto l’oro del mondo!”. E tu, cosa non faresti per un figlio? Anche Dio prova lo stesso per noi. È innamorato, pazzamente innamorato di ciascuno, e niente, nell’intero universo, potrebbe distoglierlo dal venirci a cercare quando ci perdiamo, proprio come nella parabola della pecora smarrita (Matteo 18,12-14) o della moneta ritrovata (Luca 15,8-10).
Gesù ha lasciato il paradiso per venire sulla Terra. Si è incarnato in un Bambino nato in una mangiatoia, nel freddo e nella povertà. Ha camminato tra la polvere, ha sofferto la fame, ha affrontato insulti e torture, fino a morire su una croce, in modo ingiusto e crudele. Non esiste un prezzo per la nostra salvezza, e non esiste prezzo per nessuno di noi.
Eppure, spesso sprechiamo noi stessi. Lasciamo che i talenti che Dio ci ha donato appassiscano. Per pigrizia o paura, li nascondiamo, non li facciamo fruttare. E ogni volta che, senza riflettere, decidiamo di non usare anche solo uno dei doni che abbiamo ricevuto, facciamo del male a noi stessi e a chi ci circonda. Un talento non è solo per noi: serve a migliorare la vita di tutti. Abbiamo il dovere morale di non sprecarlo.
Perciò, dobbiamo agire! Non possiamo restare fermi, come chi seppellisce un talento sotto terra. Non sarebbe giusto per le persone attorno a noi, che potrebbero trarre beneficio dal nostro talento, né sarebbe giusto verso Gesù, che ha dato la sua vita per noi.
Abbiamo l’obbligo morale di fare la differenza, di impegnarci per rendere il mondo più giusto, meno egoista, più accogliente. Non possiamo restare passivi: vale la pena lottare per Dio e con Dio, nelle piccole e grandi scelte. Possiamo dimostrare che non è l’egoismo a muoverci, ma l’amore per il prossimo.
Il cuore di Dio si spezza ogni volta che vede i suoi doni sprecati. Ogni vita non vissuta pienamente, ogni talento non utilizzato, è una ferita. Non deludiamo Gesù! #Santanotte
Alessandro Ginotta
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