Se pensi che il trascendente sia qualcosa che riguarda “solo” Dio sbagli di grosso! Perché il trascendente è anche dentro di te
Il mio in(solito) commento su:
Lo uccideranno, ma risorgerà. I figli sono liberi dal tributo (Matteo 17,22-27)
Per capire il termine “trascendente“, ci viene in aiuto il latino. Basta ricordare “trans” (oltre) e “ascendere” (salire). Andare oltre. Trascendente è ciò che supera l’esperienza umana: Dio, l’infinito, l’aldilà. “Immanente“, invece, deriva da “in” e “maneo” (rimanere dentro). Indica ciò che è tangibile, ciò che resta nel mondo: la materia, i corpi, la natura.
Il mondo in cui viviamo, la società, la storia, i nostri bisogni, ci portano a prenderci cura sempre più dell’immanente dimenticando quanto va oltre: il trascendente. Il nostro lato spirituale, il nostro atavico bisogno di Dio, il nostro tendere verso l’infinito. Sentimenti che erano molto coltivati in età antica e nel medioevo, per poi venire gradualmente abbandonati.
Se pensi che il trascendente sia qualcosa che riguarda “solo” Dio sbagli di grosso! Perché il trascendente è anche dentro di te. Sì, la tua esistenza si svolge contemporaneamente su due piani: quello materiale, fatto di un corpo di carne e ossa, e quello spirituale, dove dimora temporaneamente la tua anima. Quel soffio vitale che è stato insufflato direttamente da Dio: “Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente” (Genesi 2,7). È questo che fa davvero la differenza tra un pugno di fango (polvere) ed un essere umano: “Polvere tu sei e in polvere tornerai!” (Genesi 3,19).
Anima e corpo formano l’essere umano. Nessuno è senza anima, nemmeno i peggiori criminali. Forse la ignorano, ma ce l’hanno. Quindi, anche dentro di noi, trascendente e immanente coesistono. Spirito e materia, due dimensioni diverse e immense, convivono in un luogo piccolo e sorprendente: il cuore umano. Ma spesso confliggono. Da un lato, siamo attratti dalle cose materiali, dal piacere. Dall’altro, proviamo una sete insaziabile di infinito che ci porta a cercare Dio. Il cuore, quindi, è un campo di battaglia tra trascendente e immanente.
Nel brano di Matteo, Gesù usa un pesce per spiegare questa differenza. Sì, un pesce. Arrivato a Cafarnao, Gesù viene fermato dai funzionari che riscuotevano la tassa per il tempio. Erano incerti se chiedere il pagamento a Gesù, che conoscevano come maestro. Allora domandano a Pietro: «Il vostro maestro non paga la tassa?» (v. 24).
Gesù dice a Pietro che non dovrebbero pagare, ma per non scandalizzare, ordina di pescare un pesce e trovare nella sua bocca una moneta d’argento per pagare la tassa.
Qui vediamo due miracoli: uno è trovare la moneta, l’altro che tutto avviene esattamente come Gesù aveva detto. Due miracoli che parlano di trascendenza e immanenza. Le tasse riguardano il materiale, il tempio è fatto di mattoni. Dio è altro, è al di là del mondo (cfr. Gv 8,23). Le monete servono a pagare, ma lo spirito non ha prezzo. Sant’Agostino ci ricorda: «La tua avarizia possiede l’oro, una meschina porzione di terra. Ma con i tuoi occhi possiedi il cielo, il sole, le stelle; con gli occhi possiedi il mondo intero» (Discorso 265/C).
#Santanotte
Alessandro Ginotta
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