Perché la vera fede non è quella di facciata che si ostenta nel tempio (nelle chiese) ma è quella che viviamo dentro di noi, in ogni nostra azione quotidiana, in ogni nostro pensiero e desiderio.
Il mio in(solito) commento a:
I cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli (Marco 7,24-30)
Conosci il Vangelo dei cagnolini e delle briciole? Noi siamo abituati a vedere personaggi come l’emorroissa, guarita per aver toccato un lembo del mantello di Cristo, Zaccheo, convertitosi dopo essere salito su un albero per vedere Gesù, Maria Maddalena, liberata da sette demoni dopo aver conosciuto Cristo. Persone che cambiano radicalmente atteggiamento dopo aver incrociato Gesù. In questo brano di San Matteo invece incontriamo un Gesù ironico, che si lascia “toccare il cuore” dalla Cananea che incrocia. La signora delle briciole, una donna di un altro paese e di un’altra religione, che fa “cambiare” mentalità al Figlio di Dio.
Ovviamente si tratta di un paradosso, cercato dallo stesso Gesù per mostrarci che l’amore non ha confini, non distingue differenze di ceto, di nazionalità e neppure di credo. Perché nessuno per Dio è “straniero” o “escluso”.
Alle sollecitazioni della donna Gesù finge di rispondere con il linguaggio dell’intolleranza e del razzismo: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini» (cfr. v. 27), che richiama un po’ il passo parallelo di San Matteo: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele» (Matteo 15,24). Per meglio comprendere la risposta di Gesù dobbiamo pensare che al tempo dei Giudei i pagani venivano spregiativamente chiamati “cani”. No, replica la donna a Gesù, tu non sei venuto soltanto per quelli di Israele, tu sei Pastore di tutto il dolore del mondo.
Qui arriva la risposta della madre che “convertirà” Gesù: «Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli» (cfr v. 28). Per Dio non esistono figli e figliastri, o uomini e cani. “Donna, grande è la tua fede!” (Matteo 15,28). Proprio lei, che non va al tempio, che prega un altro dio, viene vista da Gesù donna di grande fede.
Perché la vera fede non è quella di facciata che si ostenta nel tempio (nelle chiese) ma è quella che viviamo dentro di noi, in ogni nostra azione quotidiana, in ogni nostro pensiero e desiderio.
La sua grande fede sta nel credere che nel cuore di Dio non ci siano briciole da distribuire, ma solo un immenso amore per ciascuno di noi. Questa donna è certa che, per Gesù, la sofferenza di un figlio conti più della religione professata. Perché: “Io ho anche delle altre pecore che non sono di quest’ovile; anche quelle io devo raccogliere, ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge e un solo pastore” (Giovanni 16,10). Perché “ero straniero e mi avete accolto” (Matteo 25, 35). Perché lo stesso popolo di Israele è stato straniero: “Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Io sono il Signore, vostro Dio” (Levitico 19,34).
Ricordiamo sempre che in Matteo 25, Gesù ci insegna che qualunque cosa facciamo al più piccolo dei suoi fratelli, la facciamo a Lui. Quindi quando guardiamo qualcuno con disprezzo, stiamo maltrattando una persona creata a immagine di Dio e stiamo, in qualche modo, facendo del male a qualcuno che Gesù ama e per cui Egli è morto. Abbiamo visto, cari amici, che l’incontro è sempre foriero di novità, di cambiamento. Ed è singolare vedere che, una volta tanto, nel Vangelo si invertono le parti: questa donna straniera, ma saggia e tenace, sa arrivare al cuore di Gesù!
Il Pane Vivo, che viene dal cielo, lo si dona tutto. Lui, che può moltiplicare quel pane che si spezza, e si spezza, e si spezza, quasi all’infinito, fino a saziare tutti e ad avanzarne quantità sorprendenti, non può certo limitarsi a donarne qualche mollichina!
Che cosa direbbe Gesù a chi, ancora oggi, vorrebbe un Cristo riservato a pochi “perfetti” senza lasciare neppure le briciole a chi semplicemente è diverso perché straniero? Lui che non ha esitato a farsi pane, a spezzarsi e distribuirsi a chiunque ne avesse bisogno. Lui che, per ciascuno di noi, anche per chi lo ha condannato alla morte in croce, ha offerto la sua vita. Il suo sangue. Lui che ha fatto il sacrificio perfetto, donandosi indistintamente a fedeli e peccatori.
Dio è di tutti e non può essere negato a nessuno. Io ripeto spesso che il Vangelo deve venire spiegato con parole semplici, perché possa raggiungere le orecchie di tutti. E nessuno deve rimanere tagliato fuori. Ricordiamo le ultime parole che Gesù pronunciò prima di salire al cielo: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura” (Marco 16,15). Sì, ad ogni creatura. Non solo a chi frequenta le chiese, ma anche e, oserei dire, soprattutto, a chi non ci mette neppure piede dentro. Per fare questo dobbiamo uscire noi per le strade, dobbiamo andare “in tutto il mondo”: uscire alla ricerca di chi ancora non conosce Dio (perché nessuno glielo ha raccontato) o lo rifiuta (perché glielo hanno raccontato male).
#Santanotte ricordiamo sempre che il vero linguaggio di Dio è l’amore, e l’amore non ha bisogno di parole difficili, ma è qualcosa di tanto semplice come una briciola e al tempo stesso così potente da riuscire a cambiare anche il più duro dei cuori.
Alessandro Ginotta
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