Dio si avvicina sempre alle periferie di coloro che sono rimasti senza vino, di quelli che hanno da bere solo lo scoraggiamento; Gesù ha una preferenza per versare il migliore dei vini a quelli che, per una ragione o per l’altra, ormai sentono di avere rotto tutte le anfore.
Il mio in(solito) commento a:
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù (Gv 2,1-11)
La strada si snoda polverosa tra le montagne. Qua e là, esili ciuffi d’erba cosparsi di sabbia, fanno capolino tra i sassi, sotto il sole cocente dell’estate. D’un tratto, dietro ad un declivio, la discesa si fa più dolce. Qualche albero di fico costeggia la via e, ascoltando in lontananza, sentiamo un vociare festoso. Due sentieri abbracciano una bassa collina a vigneto; un pergolato unisce una fila di colonne ad un muro di pietra bianca. Di là una villa signorile ed un ampio cortile. É qui la festa. Dame in vestiti colorati indossano vistosi gioielli d’oro e bronzo. Danzatrici con campanelli legati alle caviglie allietano il pomeriggio, mentre servitori indaffarati corrono tra i tavoli, ora a servire carni succulente, ora a riempire brocche di vino.
Finché, ad un certo punto, un servitore appare allarmato: non hanno più vino. Lo sussurra all’orecchio di una signora elegante ma sobria: indossa una veste candida ed un manto celeste. La bellissima moglie del falegname.
La donna osserva il Figlio che pare spazientito. Lo guarda e gli dice: «Non hanno vino» (cfr. v. 3). Ed egli rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora» (cfr. v. 4). Ma poi i suoi occhi incontrano quelli della Madre e si riempiono di dolcezza. Sì, come in noi, ogni volta che recitiamo l’Ave Maria, il cuore si fa più tenero, anche il cuore di Dio non può resistere ad una richiesta della Madre. Ed ecco, colui che era rimasto nascosto per oltre trent’anni, in un anonimato silenzioso, iniziò a farsi strade tra le vie della Galilea. «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (cfr. v. 5) disse Maria, rivolgendosi alla servitù. Ed essi obbedirono.
“Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in Lui” (vv. 6,11).
In queste righe, amici, vediamo Maria, nel ruolo che, ancora oggi, ricopre per tutti noi: mediatrice tra l’uomo e Dio. Ponte tra Dio e l’uomo. Tra quanto crediamo possibile e quanto, è solo apparentemente impossibile.
Sì, perché il miracolo, compiuto da Gesù per intercessione di Maria, avviene anche oggi, nelle nostre vite, molto più spesso di quanto noi crediamo. Basterà che noi crediamo. E la nostra vita si trasformerà: l’incredibile, il miracolo, da impossibile diventerà tanto possibile quanto è naturale bere un sorso d’acqua.
Dobbiamo avere un cuore aperto al trascendente, una mente disposta a credere che i miracoli avvengono e sono possibili. Ma come possiamo pretendere che un miracolo avvenga, quando siamo proprio noi i primi a non credere che si possa realizzare? Ecco che, quando si presentano delle difficoltà, ci vuole il coraggio di lottare per arrivare al Signore.
Ed è questa la forza della preghiera: la convinzione che, quanto stiamo per chiedere, si realizzerà. Dobbiamo avere quella fiducia che slega la cordicella e ci fa librare lassù, in alto, dove l’azzurro del cielo è così luminoso da non poter raccogliere nessuna ombra. Gesù ci chiede un abbandono filiale alla provvidenza del Padre celeste, il quale si prende cura dei suoi figli.
Oggi impareremo ad aver fede, anche quando ogni speranza sembra perduta. Anche quando il vino sembra proprio finito. Quante volte, nella nostra vita, non c’è più vino? La mancanza di lavoro, le malattie, le sofferenze, le delusioni, svuotano le nostre brocche. E le anfore della speranza sono secche. Allora, dobbiamo imparare a non disperare, anche quando sembra troppo tardi. Non dobbiamo mai smettere di avere fede e rivolgerci a Maria. E rivolgerci a Gesù. Sì, amici cari, perché oggi, come duemila anni fa, il vino migliore arriva alla fine. Anche oggi il vino migliore è quello che sta per essere bevuto, la realtà più amabile, la più profonda e la più bella per noi deve ancora arrivare. Anche se la malattia sembra averci portato via tutto. Anche se la povertà ha rubato ogni nostra ricchezza. Anche se la tristezza ha trafugato ogni nostra speranza. Abbiate pazienza, abbiate speranza, fate come Maria, pregate, agite, aprite il cuore.
Sì, perché Dio si avvicina sempre alle periferie di coloro che sono rimasti senza vino, di quelli che hanno da bere solo lo scoraggiamento; Gesù ha una preferenza per versare il migliore dei vini a quelli che, per una ragione o per l’altra, ormai sentono di avere rotto tutte le anfore. Come ci invita Maria, facciamo “quello che Dio ci dice” (cfr Gv 2,5). E il vino migliore arriverà anche per noi!
#Santanotte amici, Dio riempia le anfore dei vostri cuori con il vino che ha il calore dell’amore! Dio vi e ci benedica tutti amici cari.
Alessandro Ginotta
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