Se il Paradiso è gratis, il biglietto per entrare all’inferno ha un prezzo: 30 monete d’argento!
Il mio in(solito) commento a:
Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! (Matteo 26,14-25)
E’ curioso che la parola “Paradiso”, nei Vangeli, ricorra una volta soltanto: quando Gesù lo offre al buon ladrone. E’ vero, possiamo intravvederne allusioni, come in questo passo di San Giovanni sull’Ultima Cena: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via» (Giovanni 14,1-4). Ma il termine “Paradiso” non viene citato esplicitamente.
Gesù offre il Paradiso “gratis” al buon ladrone che, in realtà, è un reo confesso: “Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». Ma l’altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio, benché condannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male». E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso»” (Luca 23,39-43). Probabilmente, tra i soldati o tra la folla che sostava sotto quelle tre croci issate sul Calvario, qualcuno avrà tirato un sospiro di sollievo, pensando che finalmente si stesse facendo giustizia. Due malfattori e un “sobillatore del popolo” (cfr. Luca 23,14) stavano per scontare la loro condanna a morte. Ma Dio, come sempre, sa scombinare bene le carte. Così, all’improvviso, quella che appariva una sconfitta ormai scontata, si trasforma in un sorprendente trionfo di Dio: quello della vita sulla morte. Le tenebre del momento più buio della storia dell’umanità, vengono spazzate via dalla luce sfolgorante della Risurrezione.
Ma scopriamo anche una cosa interessante: il primo ad entrare sicuramente in Paradiso è un ladro che, sul legno della croce, rivolge a Gesù la più umile delle preghiere: «ricordati di me». Parole che riescono a scassinare il cuore di Dio: a San Disma, il buon ladrone, è riuscito il colpo più grosso di tutta la sua vita!
Così Dio, che ha creato le sue creature per amore, le ha salvate con un estremo atto d’amore, proprio mentre l’umanità, paralizzata in un cieco materialismo, lo stava abbandonando. Gesù ha vinto il mondo anche senza di noi: «ma io non sono solo, perché il Padre è con me» (Giovanni 16,32). E Dio, amici cari, è con noi anche ora. Nonostante noi continuiamo a preferirgli il vitello d’oro che rappresenta le ricchezze del mondo, le bramosie, l’orgoglio… Dio è sempre con noi. Anche se non lo capiamo. Anche se non lo preferiamo. Lui è accanto a noi, ci ama ed attende che l’uomo smetta di guardare in basso, a cercare improbabili pagliuzze d’oro tra la polvere della terra, per volgere gli occhi allo splendore del cielo, là, dove l’anima può volare libera.
Ma, capire queste cose, richiede uno sforzo troppo grande per noi, che siamo abituati a ragionare con il metro di un mondo opportunista ed egoista. Così ci viene più facile capire l’istinto che ha spinto Giuda a vendere la propria anima per un misero sacchetto con 30 denari.
Gesù ce lo ha detto chiaramente: non si possono servire due padroni (cfr. Matteo 6,19-24). Non si può servire Dio e il denaro. C’è qualcosa, nell’attrazione verso il denaro, che ci allontana da Dio. Scrive San Paolo nella prima lettera a Timoteo: «Quelli che vogliono arricchire cadono vittime di tentazioni, di inganni e di molti desideri insensati e funesti, che affondano gli uomini nella rovina e nella perdizione. Infatti l’amore del denaro è radice di ogni specie di mali; e alcuni che vi si sono dati, si sono sviati dalla fede e si sono procurati molti dolori.» (1Timoteo 6,9-10).
La verità, amici cari, è che non ci si salva con la ricchezza, ma con l’amore. I beni materiali sono necessari alla vita, ma quando diventano il fine della nostra esistenza, incatenano il cuore e lo distolgono dal vero tesoro che è nei cieli: “Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore” (Matteo 6,19-21). Quando riponiamo le nostre certezze nel denaro, finiamo per diventare come quel popolo che costruì un vitello d’oro, proprio nel momento in cui Dio stava parlando con lui attraverso Mosè. L’avidità, la smodata pulsione ad accumulare sempre più denaro, rischiano di allontanarci da Dio e di offrirci un’illusione di stabilità che in realtà è vana. Sì, perché quando la cupidigia, il desiderio del denaro, cresce a dismisura, riempie tutto il nostro cuore e caccia via lontano l’amore che prima ci abitava dentro. Così, quando il sogno si infrange e ci rendiamo conto dell’inutilità dei nostri sforzi nell’accumulare ricchezze, il nostro cuore si sgonfia e dentro resta solo il vuoto. E il vuoto di bene, amici cari, si riempie subito di male. Ecco perché, chi, come Giuda, baratta qualcosa di molto prezioso, come la salvezza della propria anima, per un pugno di monete, si renderà presto conto del terribile errore di valutazione commesso e cadrà in preda alla disperazione. Proprio come avvenne a Giuda che, alla fine, decise di togliersi la vita.
La vita, invece, quella vera, l’ha guadagnata il buon ladrone. Gli è bastata una parola di umile pentimento: riconoscersi colpevole per per toccare il cuore di Gesù e fargli spalancare le porte del Paradiso. Siamo figli di un Dio compassionevole, che ci ama oltre ogni limite. Ben più della propria stessa vita #Santanotte
Alessandro Ginotta
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