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Che cos’è la conversione?

Il dipinto di oggi è: “Salvator mundi” di Andrea Previtali, 1519, olio su tavola, 61.6 x 53 cm, The National Gallery, Londra

Il momento della conversione è sempre un tempo di festa. Un istante in cui Dio ritrova qualcosa di prezioso che si era perduto: noi. E noi ritroviamo tutto il tesoro della grandezza di Dio. Del suo amore sconfinato. Due ricchezze che si compenetrano, due seti che si placano a vicenda, due gioie che si fondono in un’unica luce: quella del Risorto che, in quell’istante, brilla anche della luce della nostra risurrezione. 

Il mio in(solito) commento a:
Tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele (Giovanni 1,43-51)

Uomini che, fino a pochi istanti prima, conducevano vite normali, dopo aver incrociato lo sguardo di Gesù, sperimentano l’irrefrenabile desiderio di seguirlo. All’improvviso, nulla di quello che contava prima, è più importante. Dopo aver conosciuto Dio, ci rendiamo conto di quanto, tutto il resto, sia davvero incompleto senza di Lui. Perché Dio riempie il vuoto delle nostre esistenze. Ed è Dio che dà un senso ad ogni cosa, Egli rimette a posto tutti i tasselli mancanti e fa funzionare quegli ingranaggi, che prima giravano soltanto a vuoto. La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù.

L’incontro con Gesù è un evento che ci trasforma sempre. Pensiamo a San Paolo, folgorato sulla via per Damasco, che da persecutore dei cristiani si trasforma in uno tra gli apostoli più fedeli. Pensiamo a Zaccheo, che non esita ad arrampicarsi su un albero per vedere da vicino Gesù. Pensiamo alla samaritana al pozzo, alla donna di facili costumi incontrata durante la cena in casa di Simone. E pensiamo al buon ladrone: san Disma. Proprio colui che rubò per tutta la vita diventerà l’unico santo canonizzato direttamente da Gesù: “oggi sarai con me nel Paradiso” (Luca 23,43).

Il momento della conversione è sempre un tempo di festa. Un istante in cui Dio ritrova qualcosa di prezioso che si era perduto: noi. E noi ritroviamo tutto il tesoro della grandezza di Dio. Del suo amore sconfinato. Due ricchezze che si compenetrano, due seti che si placano a vicenda, due gioie che si fondono in un’unica luce: quella del Risorto che, in quell’istante, brilla anche della luce della nostra risurrezione. Non la risurrezione della carne, ma quella dell’uomo che torna alla vita, dopo la morte del peccato. Che torna alla luce, dopo essere uscito dalle tenebre del male. Eccola la conversione.

Non importa quanti peccati possiamo aver commesso, né quanto grandi e pesanti questi peccati possano essere. Gesù lo dice chiaramente: “Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”. Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma gli ammalati. Ed è proprio tra i peccatori che Cristo recluta i suoi amici migliori. «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua»” (Luca 19,5). Così come fece con Zaccheo, Cristo bussa ogni giorno alla nostra porta. Egli ci guarisce fermandosi con noi: la sua vicinanza è la medicina, un flusso di vita che ci trasforma, per sempre! Gesù cerca il peccatore che è in noi. Non per assolvere un lungo elenco di peccati, ma per impadronirsi della nostra debolezza più profonda. Dopo l’incontro con Gesù usciamo trasformati, più forti, più sereni, più determinati. L’uomo vecchio non c’è più, Gesù ci riempie!

E come un sicomoro fu l’occasione per convertire Zaccheo, oggi sarà un albero di fichi a facilitare l’incontro con Natanaele. Certo non possiamo dire che questo giovane abbia troppi peli sulla lingua. Quando l’amico Filippo accorre tutto entusiasta dicendo: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazareth!» Natanaele risponde con scetticismo: «Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?» (cfr. vv. 45-46). Perché questa risposta? Perché Natanaele sedeva sotto al fico! “Ma Alessandro!? – esclamerai tu- che stai dicendo?”.

Devi sapere che meditare la Scrittura all’ombra di un albero di fico era una delle caratteristiche che contraddistinguevano gli scribi. E, anche se il Vangelo non ce lo dice espressamente, Gesù riconosce in Bartolomeo uno scriba. Secondo l’insegnamento ufficiale del tempo, il Messia sarebbe venuto da Betlemme, in Giudea. Ecco perché Natanaele è certo che non possa venire da Nazaret in Galilea (Giovanni 7,41-42). Ma poi avviene l’incontro con Gesù. Natanaele resta “folgorato” come Saulo ed è subito pronto a ricredersi: «Tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele» (v. 49).

Gli è bastato incrociare per un attimo Gesù per lasciarsi dietro le spalle tutto quel bagaglio di false convinzioni che paralizzavano lo spirito di scribi e farisei di un tempo. Natanaele ha avuto il coraggio di abbandonare le credenze inculcate da secoli di settarismo per credere in Gesù in un istante solo.

Sì, perché Gesù è così: sembra arrivare “quasi per caso” nelle nostre vite. Ad un certo punto in cui noi forse neppure pensiamo a Lui. Egli entra di sorpresa ma non si impone. Non sgomita perché gli venga aperta la porta: «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Apocalisse 3,20). E, se gli apriremo, questo incontro ci trasformerà completamente la vita! Perché non ci vuole tempo per convertirci. Basta la volontà. Un istante. Spesso è sufficiente che Gesù incroci i nostri occhi, per farci cambiare, all’improvviso.

E, quando succede, noi non “cambiamo” solo un po’! Oh no! Quella che avviene per opera di Gesù si chiama “conversione”: un mutamento radicale, netto, deciso, forte, immediato. La conversione ci porta forze nuove per affrontare i nostri problemi. Luce nuova nei nostri occhi per vedere le cose da un’altra prospettiva. Voglia nuova di fare, di agire, di mettersi in discussione, di adoperarsi per qualcosa di utile e importante. E nuova vita. Sì, la vita intensa. La vita vera. Quella che si assapora un battito dopo l’altro, con pienezza, con gioia, con determinazione, con soddisfazione. #Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “Salvator mundi” di Andrea Previtali, 1519, olio su tavola, 61.6 x 53 cm, The National Gallery, Londra

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