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La pecorella smarrita

La pecorella smarrita

E così scopriamo uno vale più di novantanove (quando uno è un essere umano, chiunque esso sia, che ha smarrito la strada di Dio)

Il mio in(solito) commento a:
Dio non vuole che i piccoli si perdano (Matteo 18,12-14)

Che strana, la matematica di Dio! Viviamo in una società che ci impone calcoli utilitaristici, dove tutto si misura in termini di guadagno e profitto. Eppure, l’amore ha un’altra logica, un’altra misura: quella del cuore.

Pensaci un momento. Noi contiamo, misuriamo, pesiamo ogni cosa… E poi arriva Lui, che sconvolge tutto. Dio, l’Altissimo, l’Onnipotente, l’Immenso… si fa piccolo, minuscolo. Nasce in una mangiatoia. Sì, proprio lì, dove si mette il foraggio per gli animali. Ma perché?

Forse per dirci qualcosa di profondo: cambiate prospettiva. Guardate il mondo con occhi nuovi.

Gesù non è venuto per chi si sente già perfetto, per chi pensa di essere “arrivato”. No, è venuto per chi è smarrito, ferito, per chi cerca un senso. È quel pastore che lascia le sue novantanove pecore al sicuro per andare a cercare quella che si è persa. Non riesce a stare lontano. E se siamo noi ad allontanarci, Lui ci rincorre. Ci raggiunge, ci tende la mano, ci rialza. Sempre.

Questo Dio così “strano” non sceglie la forza, ma la fragilità. Non sceglie il trono, ma la croce. E ci dice chiaramente: beati i poveri, gli affamati, gli ultimi (cfr. Luca 6,20-22). Con Lui, il mondo si capovolge. Ed è proprio lì, nel nostro smarrimento, nella nostra sofferenza, che Dio si fa presente. Perché nessuno è troppo piccolo o troppo lontano per il suo amore.

E poi c’è Betlemme, la “Casa del Pane”. Dio si fa pane, si spezza e si dona a noi, per saziarci. Nella mangiatoia c’è già tutto: le Beatitudini, la povertà, il servizio. C’è il Vangelo intero, dalla prima all’ultima pagina. Un Dio che si china per lavarci i piedi (cfr. Giovanni 13,4-5). Che non scende per giudicare, ma per risollevarci. Per dirci: “Io sono qui, accanto a te”.

Ecco perché la matematica di Dio ci sorprende: perché con Lui, uno vale più di novantanove.

Pensa al Buon Pastore: lascia l’intero gregge per cercare l’unica pecora smarrita. Si addentra nel deserto, quel luogo inospitale e pieno di insidie, per salvare chi si è perso. E quando ci trova, ci solleva, ci carica sulle sue spalle e ci riporta a casa, insieme alle altre.

Quel pastore è Dio, nostro Padre. E quella pecora smarrita sei tu, sono io, siamo tutti noi. Perché solo un amore immenso, capace di follie, può spingersi così lontano. L’amore di Dio supera ogni prudenza, ogni logica umana. È un amore folle, sì, ma grazie a Dio che è così. Perché senza questo amore, saremmo tutti perduti! #Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “Gesù buon Pastore” di Cristóbal García Salmerón, XVII secolo, olio su tela, 141×108 cm, Museo del Prado, Madrid

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