Certo, Gesù non si limitava a parlare in parabole… sapeva anche rispondere per le rime!
Ecco il mio (insolito) commento al passo:
“Queste erano le cose da fare, senza tralasciare quelle” (Matteo 23,23-26)
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza» (v. 25). Un vero schiaffo in faccia. A volte i Vangeli ci spiazzano, perché ci siamo creati un’immagine di Gesù “buonista”. Ma attenzione: Cristo è buono, non bonaccione. Sa perfettamente quando è il momento di alzare la voce e, in un’occasione, ha persino usato la frusta (cfr. Giovanni 2,15). Del resto, come ci ricorda il Salmo: “Buono e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore” (Salmo 102,8). Soprusi e ingiustizie? Proprio non gli vanno giù!
E vuoi sapere quando Gesù si arrabbia davvero? Non certo quando qualcuno non riesce a fare qualcosa per mancanza di capacità o perché non ha abbastanza grazia per riuscirci. Quell’uomo, anzi, sarà amato ancora di più. E neanche quando sbagliamo per ignoranza o perché non sappiamo cosa sia giusto. No, anche in quel caso Gesù non ci condanna, ma ci perdona e ci aiuta a capire dove abbiamo sbagliato.
Gesù si infuria, eccome se si infuria, con chi ha le capacità… e non le usa. Peggio ancora, con chi usa i propri doni per fare del male.
Ed eccoci arrivati agli scribi e ai farisei, che conoscevano benissimo le Scritture e si consideravano i più vicini a Dio. Proprio loro, che avrebbero potuto comprendere la Parola, preferivano distorcerla a proprio vantaggio, offrendo al popolo una versione “comoda” e favorevole ai loro interessi: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; voi non entrate, e non lasciate entrare nemmeno chi vorrebbe» (Matteo 23,13).
Erano convinti di poter “insegnare a vivere” agli altri, ma lo facevano solo per il proprio tornaconto, per consolidare il potere della casta, non certo per il bene dell’umanità o di Dio. E quando Gesù pronuncia “guai a voi”, ci scuote dall’interno, ci richiama all’ordine quando facciamo un uso sbagliato della fede. La fede serve per avvicinarci a Dio, per riscoprire la speranza e il desiderio di fare del bene. Se la utilizziamo per dominare sugli altri, per giustificare le nostre azioni o per sentirci migliori di quanto siamo… beh, allora siamo proprio come quegli scribi e farisei.
Non commettiamo lo stesso errore! Prima di puntare il dito contro gli altri, criticandoli per i loro difetti, fermiamoci e puliamo “l’interno del nostro bicchiere”. Solo quando avremo migliorato noi stessi, potremo aiutare gli altri a crescere, con amore e compassione, seguendo gli stessi valori che noi stessi vogliamo incarnare #Santanotte
Alessandro Ginotta
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