Questo brano di Vangelo ci parla di alcuni giudei che, pur essendo schiavi di una fede ottusa, si ritenevano liberi; ma quella falsa libertà metteva soltanto loro catene ai polsi.
Il mio in(solito) commento a:
Se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero (Giovanni 8,31-42)
Qualche volta scegliamo una libertà che ci incatena… un po’ come accade a questi Giudei. Non hanno riconosciuto Gesù, non si riconoscono neppure figli di Dio: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno» (v. 33). «So che siete discendenti di Abramo – risponderà Gesù – Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto» (vv. 37-40). Ahimè, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.
Anche noi, tante, troppe volte, ci comportiamo proprio come i Giudei che abitano questi versetti. Crediamo di essere liberi, ma in realtà, siamo schiavi di un “eccesso di libertà”: il mondo ci inganna, proponendoci false libertà che ci rendono schiavi delle nostre passioni, dei nostri piaceri disordinati, delle nostre ambizioni, delle ricchezze, della moda… Sugli altari di questi “falsi dei” sacrifichiamo la generosità, la disponibilità, la solidarietà, l’altruismo, l’empatia…
E, qualche volta, noi arriviamo perfino ad uccidere Gesù! Sì, lo assassiniamo nel nostro cuore, ogni volta che lo dimentichiamo. Ogni volta che scegliamo di fare il male anziché il bene. Ogni volta che il peso della nostra coscienza sembra troppo greve, ed allora preferiamo liberarcene. Lì assassiniamo il Profeta scomodo perché non parli. Perché non ci accusi. Perché la sua morte ci permetta di proseguire a compiere scelte sbagliate in nome di una pigrizia, di un’ignavia e di un egoismo a cui abbiamo venduto la nostra anima, proprio come Giuda, per trenta misere monete d’argento.
Non siamo stati capaci di accogliere Gesù. Lo abbiamo crocifisso pubblicamente, quando ci siamo vergognati di essere cristiani. E ci siamo disfatti del suo cadavere nascondendolo dietro ad un macigno fatto di indifferenza ed egocentrismo sfrenato. Ma proprio lì, dietro quel masso, per quanto sia pesante, si ripete anche per noi il Miracolo della Risurrezione di Gesù. Sì, amici, perché anche il cuore del più incallito dei criminali, viene illuminato da quella fiammella dell’amore che Dio vi ha posto. Ed anche il peccatore più irremovibile viene colto, di tanto in tanto, da qualche dubbio.
E così, Dio si fa strada dentro di noi, e, senza giudicarci, ispira in noi sentimenti di bontà, mentre, in ogni istante, ci resta accanto cercando di parare le nostre cadute, offrendoci un sostegno per rialzarci, donandoci il perdono dei peccati. Donandoci la sua stessa vita. Ecco che la storia si ripete: anche nel nostro cuore risorge Gesù. Ecco che, ad un nostro cenno di pentimento, Dio ci perdona. Perché non esiste figlio che non venga riammesso nella famiglia. Perché non esiste peccato così grave da non poter essere perdonato. Perché non esiste motivo per cui noi, proseguiamo imperterriti nel nostro errore di rifiutare il perdono di Gesù!
Dio è Amore (1Gv 4,8). Il suo principale desiderio è quello di amare ciascuno di noi, accettandoci così come siamo. Senza volerci per forza cambiare. Gesù sopporta anche il tradimento ed il ripudio. Perché se noi siamo tremendamente piccoli davanti a Cristo, Lui è enormemente grande. Si offre, a ciascuno di noi, in ogni momento. Anzi, si propone. Perché Dio non ci costringe mai a nulla, neppure a seguirlo. Lui ci indica la strada, ma ad ogni bivio ci lascia liberi di scegliere quale via prendere. Sì, perché Egli ci ama così tanto che ci permette, nella nostra libertà, anche di sbagliare.
Ma possiamo essere certi che qualsiasi sarà la nostra direzione ad ogni bivio, Lui rimarrà sempre accanto a noi. Lo sarà quando avremo preso la strada giusta, perché percorrendola, ci saremo avvicinati a Lui. E lo sarà quando quando avremo imboccato quella sbagliata, perché è proprio quando commettiamo un errore che Dio si fa più vicino a noi: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati» (Mt 9,12). Anche se noi non sempre ce ne accorgeremo.
Dio, non solo cammina con noi, restandoci vicino nella difficoltà, come nella gioia, ma, da duemila anni, continua ogni giorno a farsi Pane per noi. Ma la logica che regola il mondo è così strana che noi, spesso, rifiutiamo questo invito: al bivio, il nostro piede inciampa, e noi rischiamo di scivolare lungo la strada che ci allontana da Lui. Sembra quasi che le regole di questa società malata ci suggeriscano che, per star bene, dobbiamo commettere il peccato!
Il mondo, amici cari, sta diventando sterile, e fede e speranza si esauriscono, si sbriciolano, come una terra troppo sfruttata perde tutto il suo nutrimento e si trasforma in sabbia. E’ in questo deserto, in questo vuoto spirituale, che Gesù si offre come sorgente d’acqua che rinfresca e disseta. Una sorgente che zampilla nel deserto della nostra anima.
Noi non dobbiamo fare altro che smettere di ignorarlo, smettere di seppellirlo sotto la sabbia. Dobbiamo superare il nostro egoismo, il nostro senso di superiorità che ci porta ad autoconvincerci che quella giusta sia un’esistenza senza Dio e tornare a Lui.
Perché solo l’amore di Dio è in grado di salvarci dall’oceano dei dubbi, delle difficoltà, delle paure che attanagliano chi, dimentico di Dio, si affanna per non affogare nel mare di ingiustizia che ci circonda. Solo l’amore di Dio può perdonare anche il più grave dei peccati e riportare la luce splendente anche nella notte più buia della vita. Se l’uomo può dimenticare o rifiutare Dio, Egli non si stanca di chiamare ogni uomo a cercarlo perché viva e trovi la felicità. #Santanotte
Alessandro Ginotta
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