Dobbiamo fermarci, scendere dal vortice impetuoso che regola la vita dei nostri tempi, ascoltare la voce di Dio che parla dentro di noi. Non ne siamo capaci? Possiamo tentare di ascoltare il silenzio, di lasciarci trasportare dalla meraviglia di una melodia musicale, lasciarci stupire dalla bellezza di un paesaggio. E poi ricordarci che tutto quello che ci circonda, tutto ciò che percepiamo, è un dono di Dio. Anche così si può pregare.
Il mio in(solito) commento a:
Rimanete nel mio amore, perché la vostra gioia sia piena (Giovanni 15,9-11)
Dio ci ha creati amandoci per primo, ed ha sempre sperato, e spera ancora ora, che in qualche modo noi saremo in grado di amarlo a nostra volta: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Giovanni 15,9-11). E così, l’amore porta la gioia.
Lo abbiamo sperimentato tutti: quando siamo innamorati siamo felici. Quando compiamo un buon gesto, uno di quelli che profumano d’amore, ci sentiamo felici. Quando aiutiamo una persona che si trova in difficoltà e le restituiamo il sorriso, siamo felici. Quando amiamo Dio siamo felici. E siamo felici anche quando ci sentiamo amati da Lui.
Il problema è proprio questo: riuscire a sentirsi amati da Dio. Percepire il suo amore. Oh, perché l’amore di Dio ci avvolge ad ogni istante, ma noi, troppo spesso, non ce ne rendiamo conto. Una delle migliori metafore per esprimere il legame tra Dio è l’uomo la troviamo nella parabola della vite e dei tralci: Gesù è la vera vite, l’albero verace che affonda le radici nel terreno dell’amore di Dio.
Questo amore sale dalle radici e, come linfa, attraversa la pianta per arrivare ai rami più periferici, ai tralci, che siamo noi. E attraverso di noi, lo stesso amore che viene da Dio, si trasmette alle foglie, ai fiori prima, ed ai frutti dopo. Alberi, simbolo di longevità e di saggezza. Alberi, ben piantati nel terreno, ma con la capacità di crescere e mutare col variare delle stagioni.
Se l’albero poggia su buone radici, cioè Gesù, allora la pianta cresce salda e vigorosa. È una sorta di “simbiosi” quella che ci propone Gesù: attraverso di noi il suo amore giunge alle foglie ed ai frutti. Attraverso di Lui noi acquistiamo sicurezza, saldezza, nutrimento ed amore. Un bello scambio, dove solo noi abbiamo da guadagnare. Sì perché gli unici ad avere bisogno di questa simbiosi, alla fine, siamo proprio noi.
La nostra vita è frenetica. Un vortice di impegni e mille preoccupazioni, che ci avvinghiano come lacci, ci distraggono dal messaggio divino. Mille ansie di questo mondo ci distolgono dalla preghiera e ci spingono a mettere in secondo piano la nostra vita spirituale. E così gli affanni ci hanno rubato Gesù. Non pensiamo più a Lui. Non ci rendiamo conto di quanto ci ami. Non riusciamo a sentire i fiumi d’amore che Dio riversa costantemente su di noi.
È questa lontananza, questa distanza, che non ci permette di percepire il suo amore. Dobbiamo rimanere in Lui. Dobbiamo ricordarci che noi siamo fatti a sua immagine e somiglianza. Dobbiamo fermarci, scendere dal vortice impetuoso che regola la vita dei nostri tempi, ascoltare la voce di Dio che parla dentro di noi. Non ne siamo capaci? Possiamo tentare di ascoltare il silenzio, di lasciarci trasportare dalla meraviglia di una melodia musicale, lasciarci stupire dalla bellezza di un paesaggio. E poi ricordarci che tutto quello che ci circonda, tutto ciò che percepiamo, è un dono di Dio. Anche così si può pregare. Ringraziando Dio. Manifestandogli la nostra gratitudine per la bellezza che ci circonda.
Quando impareremo a riconoscere l’amore viscerale e gratuito che Dio, “compassionevole e misericordioso” (Es 34,6), prova per tutti noi, allora potremo allenarci a compiere il passo successivo: prendere questo amore che scende su tutti noi da Dio e riversarlo sul prossimo: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (cfr. Gv 13,34).
Se ancora questo comandamento ci pare distante proviamo a leggerlo con l’aiuto di Sant’Agostino, che ci propone una ricetta semplice da seguire: “Se amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente, non rimarrà in te nulla con cui tu potrai amare te stesso. Ama dunque, ama il tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente!”. Dobbiamo svuotarci di egoismo e narcisismo per riempire il nostro cuore con l’amore per Dio. Allora, abbandonati i sentimenti che deturpano la nostra natura umana, saremo capaci di amare davvero #Santanotte
Alessandro Ginotta
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