Il tuo cuore batte a tremila. Sei su una barca. Attorno a te onde tumultuose. Il vento fischia, il sartiame sbatte, il legno urla sotto la forza delle intemperie…
Il mio in(solito) commento a
Si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia (Mt 8,23-27)
È facile sentirsi tranquilli ed al sicuro quando tutto va bene, ma è quando attorno a noi si alza la tempesta che iniziano le difficoltà. E che ti accade quando ti trovi nel pericolo? Almeno nove persone su dieci pregano. Lo fanno anche se durante tutta la loro vita si sono sempre professati non credenti.
Un Gesù sornione, in questo brano di Vangelo, sembra dormire, ma in realtà ci sta mettendo alla prova, o meglio: ci sta impartendo un insegnamento in modo estremamente efficace.
Ecco quello che accade quando le nostre vite quando non c’è Dio: noi andiamo alla deriva, in balia delle onde di un mondo invaso dal male. Naufraghiamo nell’oscurità della notte più buia, perché senza la luce di Dio, è difficile orientarsi e trovare la strada. Quando l’uomo abbandona la luce del Signore che illumina ogni uomo (cfr. Giovanni 1, 9), si trova a brancolare nelle tenebre. Non sa più né dove deve andare, né come andarvi. Perde perfino la consapevolezza di se stesso. E la notte buia ha il colore di una solitudine senza fine, per chi si trova privato della beatitudine vivere con Dio.
Lontano da Gesù, con il cuore smarrito, la paura ci ruba anche la speranza. E, con la paura negli occhi, rischiamo di non vedere la giusta rotta davanti a noi. La vista annebbiata ci gioca brutti scherzi, perché non ci permette di riconoscere le figure che ci camminano accanto. Così può capitare che la salvezza sia lì, a portata di mano, proprio davanti a noi, ma noi, in preda alla paura, rischiamo di non riconoscerla, pensiamo di vedere un fantasma, dove invece c’è Gesù.
Ma accanto a noi, anche quando non lo vediamo e perfino quando non lo cerchiamo, c’è sempre Gesù: “Il Figlio dell’Uomo, infatti, è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Luca 19,10). E’ così: Dio ci ama. Egli è sceso sulla terra per camminare in mezzo a noi, calcando il piede sulla sabbia asciutta o sulle onde del mare. Dio non ci abbandona mai. Neppure quando tutti gli altri ci lasciano. Neppure quando noi stessi rinunciamo. No, Lui è sempre accanto a noi.
Perché, come ci insegna questo brano di Vangelo, abbiamo bisogno che Cristo si avvicini alle acque tempestose in cui navighiamo, alzi il suo braccio, minacci le nubi e riporti la quiete. Abbiamo bisogno di vedere le sue bianche vesti ondeggiare sopra il pelo dell’acqua mentre egli cammina. Abbiamo bisogno che egli tenda la mano e ci dica: “coraggio, ce la puoi fare” e ci aiuti a rialzarci dalla pozzanghera di individualismo nella quale stiamo naufragando. Abbiamo bisogno che Gesù prenda il timone delle nostre vite e ci conduca in acque calme. In altre parole abbiamo bisogno di avvicinarci noi a Cristo.
Abbiamo bisogno di una zattera su cui rifugiarci, di una vela da dispiegare per navigare lontano e di un’ancora per attraccare in un luogo sicuro. E queste tre cose sono la fede, la preghiera e la speranza. È la fede che lega stretti i fasciami della zattera. È la preghiera che ci permette di rimetterci sulla giusta rotta e navigare lontano, con il vento dello Spirito Santo che gonfierà le nostre vele. È la speranza che ci da la forza di superare, con l’aiuto di Dio, le difficoltà della nostra vita ed approdare in un porto sicuro.
Alessandro Ginotta
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