Un titolo provocatorio per il mio post: Hai mai decapitato un profeta? Sì, lo so, probabilmente stai pensando: “Io? Decapitare un profeta? Mai!” Eppure, a volte, i profeti diventano… scomodi.
Ed eccoci qui, nel cuore del mio (in)solito commento al Vangelo: “Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista” (Marco 6,17-29).
Hai mai pensato di zittire quella voce dentro di te che, giorno dopo giorno, ti sprona a fare la cosa giusta? È come soffocare quel piccolo seme divino, quella scintilla che rischiara il nostro cuore e ci guida attraverso il buio della vita. Molto male, vero? Eppure, lo facciamo spesso. Sopprimiamo il bene che ci infastidisce e, così facendo, ci perdiamo nell’oscurità.
Geremia venne lapidato dai suoi stessi connazionali, stufi delle sue ammonizioni. Elia dovette fuggire nel deserto per salvarsi dalla regina Gezabele. E Giona? Beh, pur di non affrontare il suo destino da profeta “scomodo”, si gettò in mare finendo nella pancia di un pesce per tre giorni. Ma prima di parlare dei profeti dei nostri giorni, torniamo indietro, tuffiamoci nella storia di Erode e Giovanni il Battista.
Sai che gli Erode citati nel Vangelo sono due? Uno era Erode il Grande, famoso per aver ingannato i Re Magi e ordinato la strage degli innocenti, nel tentativo di eliminare Gesù. L’altro è Erode Antipa, tetrarca della Giudea. Un uomo che avrebbe dovuto regnare come suo padre, poi perse la corona e si accontentò di governare una piccola porzione di terra.
Ma se pensi che Erode Antipa fosse meno cruento di Erode il Grande, ripensaci. Antipa si invaghì di Erodiade, moglie del fratello, e la prese come sua. San Giovanni Battista cercò invano di fargli capire l’errore, ma il male è un serpente che si insinua nell’ombra, soffocandoci. E così, attratto dalla danza sensuale di Salomè, pronipote e figlia di Erodiade, Erode promise: “Chiedimi quello che vuoi e te lo darò.” E Salomè, su consiglio della madre, chiese la testa del profeta che aveva osato sfidare il potere e l’immoralità.
Questa storia è più di una cronaca antica. È un riflesso di ciò che facciamo anche noi, ogni volta che ignoriamo quella voce dentro di noi che ci guida verso il bene. Ogni volta che scegliamo di soffocare il profeta che ci parla al cuore, perché è più facile non ascoltarlo. E così, anche noi uccidiamo Dio. Lo facciamo ogni volta che decidiamo di dimenticarlo, di mettere a tacere la nostra coscienza.
Ma ecco l’errore: temiamo Dio come se fosse un giudice severo, pronto a punirci. Quando in realtà, è il più buono dei padri. Ci guarda con amore, sempre disposto a perdonare, anche il più grave dei nostri peccati, basta un semplice cenno di pentimento. Nessun figlio viene mai rifiutato. Nessun peccato è così grande da non poter essere perdonato. Perché Dio è più grande delle nostre paure, più grande delle nostre mancanze e negligenze.
#Santanotte
Alessandro Ginotta
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