Ecco una parabola che mi ha sempre rattristato profondamente: quella dei vignaioli perfidi. Ma leggendo con attenzione questo racconto assurdo potremo cogliere il messaggio che vi si nasconde dentro
Il mio in(solito) commento a:
Costui è l’erede. Su, uccidiamolo! (Matteo 21,33-43.45)
Il padrone della vigna curò con amore il terreno, lo coltivò, vi installò un torchio, lo circondò con una siepe e vi ha costruì una grande torre per difenderlo. Poi affidò la vigna ad un gruppo di contadini perché la lavorassero. Forse il male seminò odio ed egoismo nei cuori di questi mezzadri, perché essi decisero di non onorare il patto con il padrone, e pensarono di impossessarsi del terreno e di cacciare gli emissari del padrone: uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono.
Fu così che il padrone decise di inviare il proprio figlio augurandosi che i vignaioli avessero rispetto per lui. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Certo che erano proprio spregiudicati, disonesti e senza cuore questi vignaioli! Non per niente vennero chiamati perfidi.
Chi di noi non si indigna di fronte ad un tale sprezzante atteggiamento? Così pregno di cattiveria da non poterci credere!
Ma leggendo con attenzione questo racconto assurdo potremo cogliere l’ovvio che vi si nasconde dentro. E così, a ben guardare, scopriremo che i perfidi contadini siamo proprio noi. Sì, perché è la mano dell’uomo, di colui che tanto amore ha ricevuto e riceve da Dio, ad assassinarne il Figlio: “Pilato intanto uscì di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa». Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!». Al vederlo i sommi sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo, crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io non trovo in lui nessuna colpa». Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio»” (Giovanni 19,4-7).
A quelli tra noi che prenderanno le distanze leggendo queste righe e non si sentiranno responsabili della morte di Cristo, magari perché preferiranno la scorciatoia di addossare tutta la responsabilità di questa scelta ad un solo popolo o forse perché si riterranno appartenere ad un’epoca troppo lontana nel tempo, risponderò che noi ripetiamo l’assassinio di Gesù ogni giorno.
Sì, lo uccidiamo, nel nostro cuore, ogni volta che lo dimentichiamo. Ogni volta che scegliamo di fare il male, anziché il bene. Ogni volta che il peso della nostra coscienza sembra troppo greve ed allora preferiamo liberarcene. Lì assassiniamo il Profeta scomodo, perché non parli. Perché non ci accusi. Perché la sua morte ci permetta di proseguire a compiere scelte sbagliate in nome di una pigrizia, di un’ignavia e di un egoismo a cui abbiamo venduto la nostra anima, proprio come Giuda, per trenta misere monete d’argento.
È così: non siamo stati capaci di accogliere Gesù! Lo abbiamo crocifisso pubblicamente, quando ci siamo vergognati di essere cristiani. E ci siamo disfatti del suo cadavere nascondendolo dietro ad un macigno fatto di indifferenza ed egocentrismo sfrenato. Ma proprio lì, dietro quel masso, per quanto sia pesante, si ripete anche per noi il Miracolo della Risurrezione di Gesù. Sì, perché anche il cuore del più incallito dei criminali viene illuminato da una fiammella dell’amore che arriva da Dio. Ed anche il peccatore più irremovibile viene colto, di tanto in tanto, da qualche dubbio. Dio si fa strada dentro di noi, e, senza giudicarci, ispira in noi sentimenti di bontà, mentre, in ogni istante, ci resta accanto cercando di parare le nostre cadute, offrendoci un sostegno per rialzarci, donandoci il perdono dei peccati. Donandoci la sua stessa vita. Ecco che la storia si ripete: anche nel nostro cuore risorge Gesù. Ecco che, ad un nostro cenno di pentimento, Dio ci perdona. Perché non esiste figlio che non venga riammesso nella famiglia. Perché non esiste peccato così grave da non poter essere perdonato. Perché non esiste motivo per cui noi, proseguiamo imperterriti nel nostro errore di rifiutare il perdono di Gesù. #Santanotte
Alessandro Ginotta
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