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Peccato d’orgoglio

Peccato d'orgoglio

Che immagine potente, quella di una strada polverosa che risale verso Gerusalemme, carica di presagi. Il caldo opprimente, la sabbia che danza nell’aria, e noi, spettatori e protagonisti di un cammino che sembra condurre verso qualcosa di più grande. E mentre i passi di Gesù e dei discepoli avanzano, l’aria si fa densa non solo di polvere, ma anche di una tensione che ci riguarda tutti.

Il mio in(solito) commento a:
Il Figlio dell’uomo è venuto per dare la propria vita in riscatto per molti (Marco 10,35-45)

Ecco che arriva la domanda che ci mette a disagio: Chi di noi non ha mai peccato di orgoglio? Esattamente come Giacomo e Giovanni, i “figli del tuono”, anche noi, almeno una volta, abbiamo desiderato essere i primi, i più grandi, forse senza neanche sapere bene cosa volesse dire. Pensiamo di sapere tutto, ci sopravvalutiamo, ci illudiamo di essere esperti in tutto, dall’economia alla medicina, dallo sport alla politica. Ma quanta distanza c’è tra questa nostra piccolezza e l’immensità di Dio?

Gesù, però, non ci condanna. Non c’è traccia di irritazione nelle sue parole. Lui non si indigna, non sbuffa come farebbe qualsiasi altro davanti all’ennesima prova di presunzione umana. No, Lui ama. Ama anche chi sbaglia. Ama persino noi, nei nostri momenti peggiori. E ci insegna una lezione che è forse la più difficile da imparare: la grandezza non si misura nel potere o nel successo. La vera grandezza si trova nel servizio, nel chinarsi verso l’altro, come Gesù farà poco dopo, lavando i piedi ai discepoli. La teologia del grembiule, la chiama qualcuno. E non potrebbe esserci immagine più eloquente.

Non è meraviglioso? In un mondo che ci spinge a primeggiare, a correre, a superare chiunque ci si pari davanti, Gesù ci insegna la vera via. La via della tenerezza, del servizio disinteressato, del chinarsi su chi ha bisogno, senza calcoli, senza aspettative, solo per amore. Come Lui ha fatto per noi.

E in questo cammino polveroso, tra la nostra fragilità e la grandezza di Dio, scopriamo una verità ancora più profonda. Non importa quanto sbagliamo, quanto cadiamo, quanto pecchiamo. Dio ci ama sempre, ci prende per mano e ci rialza, ci invita a seguirlo sulla sua strada, quella del servizio, della compassione, dell’amore vero.

Qui, tra le curve che salgono verso Gerusalemme, c’è molto di più di una semplice lezione di umiltà. C’è un invito, personale e profondo, a crescere, a diventare grandi non agli occhi degli uomini, ma agli occhi di Dio. Come Giacomo e Giovanni, che diventarono davvero grandi non per i loro meriti, ma perché si lasciarono trasformare dall’amore di Gesù.

E allora, lasciamo che anche i semi della Parola attecchiscano nel terreno del nostro cuore. Lasciamoci crescere, come quei ciuffi d’erba che rompono il deserto. Perché, in fondo, non importa chi arriverà primo. Importa solo chi saprà chinarsi per servire #Santanotte

Alessandro Ginotta

Peccato d'orgoglio
L’immagine di oggi è: “I Dodici Apostoli”, Enrico Reffo, 1914, affresco, Chiesa di San Dalmazzo, Torino

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