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Perché proprio a me?

Perché proprio a me?

Questa pagina è difficile, ma offre una risposta ad un importante interrogativo. Ti è mai capitato di ammalarti e pregare con tutto il cuore per guarire… ma niente? E allora ti assalgono mille dubbi. Perché Dio non ascolta? Perché proprio a me? La risposta… è più coraggiosa di quanto immagini.

Il mio commento (in)solito a:
“Guarì molti che erano affetti da varie malattie” (Marco 1,29-39)

Sai qual è l’errore più comune? Pensare a Gesù come a un guaritore, un santone capace di far sparire i nostri problemi con una parola magica. Un po’ come facevano gli abitanti di Cafarnao: “Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati… Guarì molti” (vv. 32-34). Gli correvano dietro, si aggrappavano al suo mantello, arrivavano perfino a sfondare i tetti pur di avvicinargli un malato.

E noi? Non siamo poi così diversi. Ti ricordi quelle vecchie macchinette che distribuivano palline con le sorprese? Bastava inserire la monetina e girare la manopola. Ecco, a volte trattiamo Gesù proprio così: mettiamo la “monetina” della preghiera e ci aspettiamo il miracolo. Subito. Ma non funziona così.

Gesù non è un distributore automatico di grazie. Lui ci ama troppo per accontentarci con un gesto superficiale. Non aspetta che lo cerchiamo, perché è già lì, accanto a noi. Scende in strada, entra nelle nostre vite, si sporca le mani per guarirci davvero. Non solo nel corpo, ma nel cuore.

E allora, perché non sempre ci guarisce?

Perché Dio ascolta SEMPRE, ma non come vogliamo noi. A volte la guarigione non è la cosa migliore. Strano, vero? Ma San Paolo lo aveva capito bene: “Per tre volte ho pregato il Signore che allontanasse da me questa spina nella carne… Ed Egli mi ha risposto: Ti basta la mia grazia; la mia forza si manifesta pienamente nella debolezza” (2Corinzi 12,7-9).

Questo significa che Dio non ci guarisce? No! Dio è Amore. Un amore infinito, capace di scendere in mezzo a noi e portare sulle spalle la nostra croce. Anche quando non capiamo, anche quando soffriamo, la Sua volontà è sempre per il nostro bene. Anche se questo bene passa per la sofferenza.

Un esempio lampante lo troviamo nella vita di Sant’Ignazio da Loyola. Correva l’anno 1521 ed Ignazio era un uomo d’armi, coraggioso, ma piuttosto irruento al punto che finì perfino sotto processo. Ignazio si trovò con un manipolo di pochi uomini a difendere la città di Pamplona stretta d’assedio. Un colpo d’artiglieria lo colpì alla gamba frantumandogli l’osso in più parti. Rimase gravemente ferito e più volte rischiò di morire. Puoi immaginare le sofferenze a cui fu sottoposto. Eppure la ferita gli salvò l’anima, perché durante la malattia fu costretto a letto, con la sola compagnia di due libri: vita di Gesù del certosino Landolfo di Sassonia e le vite dei santi del domenicano Jacopo da Varazze. Queste vite pian piano penetrarono nella sua. Ignazio imparò cosa voleva dire amare e si convertì, depose le armi e divenne uno dei massimi santi che la Chiesa abbia mai avuto. Ecco come perfino un male, qualche volta, può far bene a una persona.

Gesù stesso, nel Getsemani, ha pregato: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia, non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Luca 22,42). Non la mia. La TUA. La nostra volontà può essere di guarigione, ma quella di Dio può essere orientata ad un bene maggiore per noi. Ecco che la sua risposta alla nostra preghiera può essere diversa da quanto ci aspettiamo, ma qualunque essa sia si tradurrà in un bene per noi.

Hai bisogno di Gesù? Chiedigli aiuto! A volte ti guarirà. Altre volte ti darà la forza di affrontare il dolore. Ma una cosa è certa: non ti lascerà mai solo. Lui sa quello che noi non possiamo capire.

E allora affidati a Lui. Perché Gesù ha già vinto la morte. E con Lui, vincerai anche tu.

#Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “Ecce Homo”, di Juan de Juanes, 1570, olio su tavola, 83×62 cm, Museo del Prado, Madrid

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