Ecco la storia di un amore che ci deve trasformare, aprendo le nostre mani e facendo cadere le nostre pietre.
Il mio in(solito) commento a:
Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei (Giovanni 8,1-11)
Colta in flagrante adulterio. La legge in questi casi era implacabile: la donna doveva morire di morte atroce, sotto una raffica di pietre scagliate dagli accusatori. Un destino terribile e crudele. Ma, prima di addentrarci nel cuore di questo brano, dobbiamo fare una premessa sulla paternità del testo. E’ infatti molto probabile che la pericope dell’adultera non facesse parte della stesura originale del Vangelo di San Giovanni.
Immagino il vostro sbigottimento, amici miei, nel leggere queste parole e, vi confesso, che io stesso rimasi sbalordito quando, alcuni anni fa, venni a conoscenza dei dubbi condivisi da numerosi critici moderni: il brano che ci parla dell’adultera non compare in nessuno dei manoscritti più antichi del Vangelo di Giovanni, ma appare, la prima volta, nella Vulgata, traduzione in latino della Bibbia dall’antica versione greca ed ebraica, realizzata alla fine del IV secolo, da Sofronio Eusebio Girolamo. Dobbiamo anche aggiungere che, nessuno dei Padri della Chiesa dei primissimi secoli, fa qualche riferimento a questa pericope collegandola al quarto Vangelo.
Ma non ci perdiamo d’animo: il testo, riportato nel Vangelo, al di là dei dubbi sulla sua paternità, è certamente ispirato. Ci sono alcune ipotesi sulla sua origine. La prima è che si tratti di uno “scambio” di autori, probabilmente un errore commesso da un amanuense medievale che, per distrazione, voltando pagina, trascrisse all’inizio di un capitolo di san Giovanni un testo che in realtà era di san Luca. La pericope, che non sembra di paternità giovannea per lo stile, per vocabolario e per contenuto, si adatta perfettamente allo stile lucano: alcuni dei termini utilizzati in questo frammento, li ritroviamo soltanto in altri brani del Vangelo di San Luca e negli Atti, scritti dallo stesso apostolo. E questa è una spiegazione che ritengo piuttosto probabile.
Secondo altri critici, la pericope sarebbe stata inserita in un secondo momento: un monaco potrebbe aver annotato, a margine di una pagina del Vangelo, un appunto riguardante un racconto tramandato oralmente su questo episodio e, ad una copia successiva del manoscritto, questo brano sarebbe stato trascritto insieme al testo originale, entrando così di fatto a far parte del Vangelo di Giovanni.
Sant’Agostino, invece, riferisce che il brano, originariamente, era incluso nei Vangeli, ma poi sarebbe stato volontariamente rimosso da alcune copie, per evitare l’impressione che Gesù avesse giustificato l’adulterio. Dobbiamo ammettere che questa terza ipotesi è da prendere seriamente in considerazione: “Tutto questo è inaccettabile, evidentemente, per l’intelletto dei non credenti: infatti alcuni di fede debole, o piuttosto nemici della fede autentica, per timore, io credo, di concedere alle loro mogli l’impunità di peccare, tolgono dai loro codici il gesto di indulgenza che il Signore compì verso l’adultera, come se colui che disse: d’ora in poi non peccare più avesse concesso il permesso di peccare, o come se la donna non dovesse essere guarita dal Dio risanatore con il perdono del suo peccato, perché non ne venissero offesi degli insensati. E infatti quelli ai quali non piace quel gesto del Signore non sono personalmente virtuosi, e non è certo la castità che li rende severi; ma piuttosto appartengono al numero di quegli uomini ai quali il Signore dice: Chi fra di voi è senza peccato, scagli contro di lei per primo la pietra. Solo che quelli, intimoriti dalla coscienza, si ritirarono, rinunciando a tentare Cristo e a punire l’adultera; questi invece sono malati e rimproverano il medico, commettono adulterio e sono implacabili contro le adultere. Ma se a costoro si dicesse, non la frase udita da quelli: Chi è senza peccato (infatti chi c’è senza peccato?), ma: Chi è senza questo peccato, scagli contro di lei per primo la pietra, allora forse, invece di sdegnarsi perché non avevano ucciso l’adultera, rifletterebbero alla grande misericordia del Signore, che li perdona e, per quanto adulteri, li lascia vivere” (Sant’Agostino, I connubi adulterini, libro secondo, par. 6-7).
Al di là del fatto che il testo sia attribuibile a San Giovanni o a San Luca, o derivi da un racconto orale trascritto successivamente, oppure ancora sia stato cancellato volontariamente dai manoscritti più antichi, Il fatto che alla fine la pericope sia stata accolta nel canone, dovrebbe di per sé cancellare ogni dubbio sulla sua autenticità.
Probabilmente non conosceremo mai, con esattezza, le vicissitudini che portarono queste righe tra le pagine del Vangelo di Giovanni, ma certo non possiamo non vedere, dietro la mano di chi l’ha scritto, sia essa quella di un evangelista o di un copista un po’ distratto, il gesto determinato dello Spirito Santo. E Lui, lo Spirito Santo, che ha mosso quella mano. E’ Lui, lo Spirito Santo, che ci guida e ci ispira nelle scelte. E’ lo Spirito Santo che ci guida «a tutta la verità» (Gv 16,13). Ed è sempre lo Spirito Santo che ci fa entrare in una sempre più profonda comunione con Gesù, donandoci l’intelligenza delle cose di Dio.
Allora lasciamoci accarezzare dal venticello leggero dello Spirito Santo (cfr. 1Re 19,12) mentre leggiamo queste righe di Vangelo e pensiamo alla bellezza incontenibile del gesto di Gesù che, salvando l’adultera, dimostra che l’amore è più forte di tutto! Anche del peccato. Sì, amici, perché Gesù perdona l’adultera (come perdona anche noi, ogni volta che pecchiamo). Ma c’è qualcosa in più del perdono. Perché Gesù, con il suo amore, supera la rigidità della legge. Infatti i precetti affermavano che la donna dovesse essere punita. Ma Gesù la salva, non perché i regolamenti non siano validi, ma perché il suo amore era più forte di qualsiasi legge e di qualunque peccato. Non le dice: non è peccato l’adulterio. Ma non la condanna con la legge. Ecco la forza dell’amore! Ecco la forza del perdono che va oltre la legge! Non è facile da capire con la ragione, ma se ci lasceremo guidare dallo Spirito Santo, potremo provare ad intuire con il cuore tutta la bellezza del perdono che ci restituisce quella libertà “rubata” dal peccato. Un perdono che si libra in alto sulle ali dell’amore.
Perché quell’amore, che ha aperto le mani degli anziani, facendo cadere a terra i sassi, è lo stesso amore che ha mosso la penna del copista che ha trascritto queste righe. Ed è questo amore che oggi accarezza anche noi, mentre leggiamo queste righe che hanno attraversato i millenni per portarci la voce di Dio. Un amore che ci deve trasformare, aprendo le nostre mani e facendo cadere le nostre pietre. #Santanotte
Alessandro Ginotta
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