Ciascuno di noi sa quanto sia davvero difficile lottare contro la tentazione di ripagare con altro male il male che riceviamo.
Il mio in(solito) commento a:
Perdonate e sarete perdonati (Luca 6,36-38)
Tra il dire ed il fare, c’è di mezzo il mare. Una frase fatta che ben descrive il nostro stato d’animo davanti alle parole di Gesù: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati” (vv. 36-37). Possiamo comprendere la pietà e la misericordia; possiamo perfino fingere con noi stessi di essere in grado di esercitare questi sentimenti. Quando si tratta di astenersi dal giudicare, le cose si fanno più complesse: occorre una buona dose di ipocrisia per affermare di essere in grado, in qualsiasi situazione, di evitare di incasellare una persona in una data categoria, approvarne o disapprovarne gli atteggiamenti, formulare un giudizio frettoloso su chi ci sta accanto.
Ma quando il male ricevuto si fa troppo grande, allora ci rendiamo conto di quanto sia davvero difficile seguire la volontà di Cristo: perdonare ogni offesa, ogni ferita, ogni torto. Sembra impossibile riuscirci.
Amici cari, io non so voi, ma davanti a questa pagina di Vangelo non posso che mettermi in ginocchio e confidare nella clemenza di un Dio che ci ama e ci perdona. Lui sì, che sa come fare: “A chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica” (Luca 6, 29). Lo hanno braccato, tradito, percosso, torturato, schernito, spogliato degli abiti, issato su una croce, inchiodato, trafitto con lancia, assassinato. “Scendi dalla croce e ti crederemo” (cfr. Matteo 27,42). Certo, per il Figlio di Dio, sarebbe stata una bazzecola schioccare le dita e liberarsi, far scendere un fulmine dal cielo e vendicarsi di chi lo aveva condannato. Eppure Gesù ci ha mostrato come l’amore può superare ogni altro sentimento: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno» (Luca 23,34).
Per un essere umano perdonare un nemico è molto più complicato: come è possibile non soltanto non condannare, ma addirittura offrire spontaneamente altro a chi già ci sta rubando qualcosa?
Ciascuno di noi sa quanto sia davvero difficile lottare contro la tentazione di ripagare con altro male il male che riceviamo. Sappiamo anche quanto sia complicato provare amore verso chi, con noi, si comporta come un nemico. Un sentimento simile non può che essere “grazia”: un dono che il Signore fa a chi lo segue. Perché Egli giunge anche là, dove noi non arriviamo: Gesù stesso ha vissuto fino alla fine il comandamento dell’amore, Lui che è arrivato a perdonare i suoi assassini dall’alto della croce.
Dunque quell’amore viscerale e gratuito che Dio, “compassionevole e misericordioso” (Es 34,6), prova per tutti noi, diventa il “prototipo” di quel sentimento che a nostra volta noi dobbiamo provare nella quotidianità verso il prossimo: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (cfr. Gv 13,34).
Ecco il vero volto di un amore che non teme confronti. Un amore che non si concede come un premio, ma come un dono: “Poiché Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna” (Giovanni 3,16). L’amore è un dono e Cristo ci ha offerto l’amore più grande: “Nessuno ha amore più grande di questo: dare la propria vita per i suoi amici.” (Giovanni 15,13).
Dio dona a ciascuno di noi la possibilità di scrivere una storia di bene nella vita dei suoi fratelli, specialmente di quelli che hanno compiuto qualcosa di spiacevole e di sbagliato. Con una parola, un abbraccio, un sorriso, possiamo trasmettere agli altri ciò che abbiamo ricevuto di più prezioso. E qual è la cosa preziosa che noi abbiamo ricevuto? Il perdono, che dobbiamo essere capaci di dare anche agli altri: Gesù disse ai suoi discepoli: «Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Giovanni 13,34).
Rispondendo alla domanda rivoltagli sul primo dei comandamenti, Gesù disse: «Il primo è: “Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. E il secondo è questo: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più importante di questo» (Marco 12,29-31).
Se ancora questo comandamento ci pare distante proviamo a leggerlo con l’aiuto di Sant’Agostino, che ci propone una ricetta semplice da seguire: “Se amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente, non rimarrà in te nulla con cui tu potrai amare te stesso. Ama dunque, ama il tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente!”. Dobbiamo svuotarci di egoismo e narcisismo per riempire il nostro cuore con l’amore per Dio. Allora, abbandonati i sentimenti che deturpano la nostra natura umana, saremo capaci di amare davvero.
#Santanotte amici. Signore, tu che ci dicesti Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto, svuota dall’odio il nostro cuore e riempilo d’amore. Donaci la capacità di perdonare anche chi ci ha fatto del male. Dio vi benedica amici cari! 🙂 🙂 🙂
Alessandro Ginotta
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