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Quel peccato che ci taglia le mani…

Quella scintilla di Dio che brilla in noi

Leggere nuoce gravemente alla salute? Certo che no! La battuta nasce dal fatto che ho scelto per il mio post di oggi un titolo un po’ provocatorio: “Quel peccato che ci taglia le mani”, ma ti posso assicurare che a nessun lettore verrà fatto del male per aver letto questo post. Anzi…

il mio in(solito) commento al Vangelo:
È meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna (Marco 9,41-50)

Sfogliando i Vangelo, di tanto in tanto ci capita di incontrare una pagina più “ruvida”, parole forti che quasi ci disturbano, a maggior ragione perché ci siamo costruiti un’immagine un po’ romanzata della vita di Gesù. Ma non dimentichiamo che i quattro evangelisti scrivevano per essere letti dalla gente del tempo ed alcune delle espressioni che troviamo nel testo, ricalcavano le abitudini di quasi duemila anni fa. Parole semplici, franche e dirette, per arrivare a tutti e farsi capire da tutti. Perché il Vangelo è così, deve essere portato in tutto il mondo e ad ogni creatura (cfr. Marco 16,15).

Ecco perché Gesù parlava in parabole. Per raggiungere tutti, per farsi capire anche da chi era meno colto. Perché nessuno merita di essere lasciato indietro: “Nessuno di loro è andato perduto” (Giovanni 17,12).

Così, in questo brano in cui Cristo ci suggerisce di amputarci un arto, non dobbiamo fermarci al significato letterale: “Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala” (v. 43). Certo, se lo dovessimo prendere alla lettera penso proprio che tutti noi andremmo in giro senza qualche parte del corpo. Ma Dio non vuole questo! Oh no! Il Signore non vuole perdere nessuno di noi e neppure una parte di noi. Egli desidera che tu viva integro nel corpo, nella mente e nell’anima. Intero prima dentro e poi fuori. Perché è l’anima bella quella che è capace di trovare la strada per il Paradiso e la beatitudine eterna dello stare con Dio.

Il Signore non vuole che noi ci facciamo del male, ma desidera farci partecipare della sua felicità, riunirci nel suo amore: “perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi” (Gv 17,21). Gesù ci vuole tutti con sè in Paradiso: “Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io” (Gv 17,24). Ecco perché, in questo brano, ci “tira un po’ le orecchie”. ma solo perché ci ama. Più di ogni altra cosa.

Al contrario ricorda che l’inferno non è un luogo fisico, ma è una condizione dell’anima che si trova distante da Dio, in opposizione e avversione a Lui. È lo stato in cui si arriva rifiutando Dio. Questo è ciò che si intende per inferno. È paragonabile alla disperazione di una persona che ha perso i propri cari. È l’odio che si prova verso qualcuno. Sono anime disperate. Questo è l’inferno. I forconi e le fiamme infernali sono banali in confronto alla disperazione di un’anima che è separata da Dio e consapevole che non lo vedrà mai più. Non c’è bisogno di amputarsi un braccio od una gamba per immaginare il dolore e la privazione che ne conseguono.

Papa Francesco che, proprio come questo brano di Vangelo, sa essere immediato e diretto, osserva: “All’inferno non ti mandano, ci vai tu, perché scegli di essere lì. L’inferno è volersi allontanare da Dio perché non voglio l’amore di Dio”. “Il diavolo – ha detto – è all’inferno perché lui l’ha voluto” ed “è l’unico che noi siamo sicuri che sia all’inferno”. 

Così io ti chiedo, cara amica, caro amico, che leggi queste righe, di fare pace con te stesso. Di fare pace con Dio e con il tuo prossimo. Vivi sempre nell’amore e mai nell’odio. Ma se qualche volta tu dovessi cadere, impara a rialzarti chiedendo aiuto a Dio. Lui è qui, accanto a te, ora e in qualsiasi momento della tua vita. È qui e aspetta che tu gli chieda aiuto, che tu gli domandi perdono, che tu cerchi le sue amorevoli braccia sempre pronte ad accoglierti, proteggerti e consolarti. Non perdere pezzi della tua anima, riconciliati con Dio oggi stesso e vivrai in eterno. #Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “Il Sacro Cuore di Gesù”, di Luigi Guglielmino, 1960, olio su tela, Chiesa della Consolata, Torino

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