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Quella volta in cui Dio parlò all’uomo

Quella volta in cui Dio parlò all'uomo

Immagina un tempo in cui Dio camminava accanto all’uomo, parlava con lui, lo ascoltava. No, non sto parlando della vita pubblica di Gesù – anche se in quel momento Dio, fatto uomo, era davvero tra noi. Voglio portarti ancora più indietro, agli inizi di tutto.

Il mio in(solito) commento a:
Mentre Gesù, ricevuto il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì (Luca 3,15-16.21-22)

La Genesi ci racconta: “Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l’uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?»” (Genesi 3,8-10).

Dio era lì. Camminava tra gli alberi, respirava quella stessa aria, e chiamava Adamo. Quell’eco, quel “Dove sei?”, non si è mai spento. Dio ha continuato a cercare l’uomo, a parlargli.

Pensiamo a Mosè e al roveto ardente. Un cespuglio in fiamme che non si consuma. Una voce che chiama: “Mosè, Mosè!”. E lui risponde: “Eccomi!” (Esodo 3,2-6). Quel semplice “Eccomi” cambia tutto. Da quel momento, Mosè non sarà più lo stesso. Quando scenderà dal monte con le tavole della legge, il suo volto risplenderà. Letteralmente. Perché chi sta con Dio si trasforma. Una luce nuova ti accende gli occhi, una forza diversa anima i tuoi gesti. Perfino le parole che pronunci diventano più vere, più profonde.

Sai, capita anche a me. Quando parlo in pubblico, quando mi trovo davanti a un microfono o a una platea, ripeto tra me e me le parole di Gesù: “Non preoccupatevi di cosa dire, perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire” (Luca 12,11-12). E credimi, le volte in cui ho parlato meglio sono state quelle in cui ho lasciato andare i miei pensieri, affidandomi a Dio. Non ero io a parlare, era Lui attraverso me. Come dice San Paolo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Galati 2,20).

Quando lasciamo da parte il nostro ego e facciamo spazio a Dio, succede qualcosa di straordinario. Le nostre parole diventano strumenti nelle Sue mani. Non brilliamo di luce nostra, ma della Sua. E chi ci ascolta, lo percepisce. Ma prima di tutto, cambia noi. Perché Dio, quando trova spazio nel nostro cuore, fa meraviglie.

E questo, amico mio, non vale solo per me. Vale per tutti. Tutti possiamo prestare la nostra voce a Dio. San Paolo lo scrive chiaro: “Uno alla volta, infatti, potete tutti profetare, perché tutti possano imparare ed essere esortati” (1 Corinzi 14,31).

Ricordi il piccolo Samuele? Dio lo chiamava nel cuore della notte. Lui pensava fosse la voce del sacerdote Eli. Ma quando finalmente capì, rispose: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta” (1 Samuele 3,10). Anche a noi Dio parla. Ogni giorno. In un pensiero improvviso, in una frase letta per caso, in un incontro inaspettato. Ma dobbiamo ascoltarlo. Fare silenzio dentro di noi per riconoscere quella voce sottile che sussurra al nostro cuore.

Vorrei raccontarti ancora molto su come si può parlare con Dio. Magari lo farò in un libro o in una conferenza. Ma oggi voglio lasciarti con questa immagine potente: “e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento»” (Luca 3,22).

È la voce di Dio. Una voce che parla di amore, di compiacimento. La stessa voce che ha parlato a Gesù parla anche a noi. Ci chiama, ci cerca, ci ama. E allora, tu… dove sei? #Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è “Il Battesimo di Cristo”, del pittore francese Antoine Coypel, 1690, olio su tela, 136×98 cm., Los Angeles County Museum of Art (LACMA).

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