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Sai correre veloce?

C’è sempre un’immagine che accompagna i miei commenti, ma il dipinto che ti presento oggi è è più importante del solito, tant’è che partiremo proprio da qui

Il mio in(solito) commento a: “L’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro” (Gv 20,2-8).

Proviamo a leggere il Vangelo del 27 dicembre attraverso gli occhi di un capolavoro: il dipinto di Eugène Burnand, “I discepoli Giovanni e Pietro corrono al Sepolcro il mattino della Resurrezione” (1898).

Giovanni corre. Corre più veloce di Pietro. Li vediamo: i loro corpi tesi, gli occhi spalancati, i capelli scompigliati dal vento. Hanno appena sentito Maria di Magdala e ora si precipitano, con il cuore in gola, verso il Sepolcro. Vogliono capire, vogliono vedere. Ma i loro volti non guardano solo avanti: si spingono oltre. Fuori dalla cornice. Perché fuori dalla cornice c’è ciò che il nostro mondo fatica a contenere: il Risorto. Pietro e Giovanni sono sconcertati, increduli, ma corrono. Ogni passo è pieno di speranza, ogni falcata di una fede che si fa strada tra i dubbi. E intorno a loro, il mondo cambia. È l’alba. La luce tenue cancella il buio che ha avvolto la crocifissione, dissolve le tenebre che hanno oscurato l’orto degli ulivi, rischiara il cielo sotto cui Pietro ha rinnegato Cristo. È una luce nuova, dolce e gentile, che non brucia ma accarezza. Una luce che porta vita. Alle loro spalle, le tre croci del Calvario sono solo un’ombra lontana. La morte è stata sconfitta. Ora c’è una nuova direzione, una nuova meta: quella che sta oltre la cornice, verso l’eternità.

Il Sepolcro è vuoto, la pietra è rotolata via. Restano solo i teli, un segno di un miracolo che ci invita a correre anche noi. E allora, amici cari, corriamo. Corriamo verso la luce che illumina i nostri volti, lasciandoci alle spalle il buio della sofferenza e tutto ciò che ci separa da Dio. Guardiamo oltre la cornice ristretta della nostra vita. Là c’è la vera meta: la vita, l’amore, l’eternità. Corriamo insieme verso quella luce. Il sentiero di Dio ci chiama #Santanotte

Alessandro Ginotta

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