Non siamo il centro del mondo. È Dio il fulcro attorno a cui tutto ruota.
Il mio in(solito) commento a: Essi subito lasciarono le reti e lo seguirono (Matteo 4,18-22).
Non vi viene voglia, leggendo queste righe di Matteo, di unirvi al gruppo di persone che segue Gesù? Pensateci: lungo il mare di Galilea, Gesù incontra Simone e Andrea. Non li conosce, eppure dice loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E loro? Lasciarono tutto, reti e passato, e lo seguirono. Poco più avanti, la stessa scena si ripete con Giacomo e Giovanni. Lasciarono la barca, il padre, la vita di sempre. Perché? Perché chi incontra Gesù non può più restare lo stesso.
Ricordo ancora quando, da bambino, lessi per la prima volta questo brano. Mi sembrava incredibile: com’è possibile che una parola, uno sguardo, bastino a far lasciare tutto? Eppure è così. Seguire Gesù non è una passeggiata, ma una scelta che sconvolge ogni cosa. Ti cambia dentro. Non è un invito ad accomodarsi, ma a partire, a camminare, a riorganizzare la tua vita con Dio al centro.
Quando scegliamo di seguire Gesù, è come vivere una rivoluzione copernicana. Scopriamo che non siamo il centro dell’universo. Non tutto ruota attorno a noi, ma siamo noi a ruotare attorno a Dio, insieme al mondo intero. Lui è il centro, l’origine, il Creatore.
Questi versetti raccontano una sete: la sete di Dio. Una sete che spinge i discepoli a lasciare tutto per seguirlo, senza esitazione. Pensate: pochi istanti prima, Gesù era un perfetto sconosciuto. Eppure, al suo passaggio, nasce un desiderio incontenibile di camminare dietro a lui, incuranti delle strade polverose, delle notti senza un riparo, delle incertezze del viaggio.
E noi? Non ci sentiamo mai così? Non avvertiamo anche noi, nel profondo, quella sete? Eppure, quante volte ci facciamo distrarre, spaventare, scoraggiare. Mille pensieri, troppi impegni. E spesso la paura ci paralizza: “Non sono all’altezza”, ci diciamo. Così torniamo alla nostra vita di sempre, fingendo di dimenticare l’incontro con Dio.
Ma Dio non smette di passare accanto a noi. Non si arrende. Si manifesta in mille modi: in un passante, in un mendicante, in un amico, in un libro. Maria Maddalena lo scambiò per un giardiniere. I discepoli di Emmaus per un viandante. E noi? Quando abbiamo visto Gesù per l’ultima volta?
«Se tu conoscessi il dono di Dio…» (Giovanni 4,10). Questa è la chiave: non perdere mai la sete di Dio. Lui ci cerca, ci desidera. La preghiera, ci dice il Catechismo, è l’incontro tra la sete di Dio e la nostra sete di Lui. Due seti che si fondono, trovando pace solo dove inizia l’infinito.
Non esiste un modo giusto o sbagliato per cercare Dio. Basta accorgersi di una verità semplice e rivoluzionaria: Dio abita già in noi. È lì, nel nostro cuore, che ci aspetta, pronto a illuminare la nostra anima #Santanotte
Alessandro Ginotta
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